Forte domanda per le nuove obbligazioni della multiutility emiliana. Raccolti 700 milioni di euro per consolidare la fusione con Acegas e per fare entrare i privati nel business dell’acqua pubblica
Inizio d’anno col vento in poppa anche per il gruppo Hera. La multi utility emiliana ha collocato sul mercato del debito un bond a 15 anni per complessivi 700 milioni di euro, il massimo del target previsto alla vigilia durante il road show fra gli investitori istituzionali.
Obbligazioni Hera 15 anni: le caratteristiche
La domanda per l’obbligazione di Hera si è rivelata molto solida (258 investitori istituzionali), nonostante la scadenza lunga, anche perché il tasso d’interesse offerto inizialmente era abbastanza generoso e, alla fine, si è attestato al 5,20%, pari a 304,7 punti sopra il midswap.
Il titolo (XS0880764435). Il titolo è negoziabile su mercato over the counter (Otc) per tagli minimi da 100.000 euro più multipli aggiuntivi da 1.000, stacca la cedola il 29 gennaio di ogni anno ed è il primo collocamento pubblico per Hera da tre anni a questa parte. L’emissione è stata gestita da Unicredit, Banca Imi, Bnp Paribas, Deutsche Bank, Mediobanca e Rbs. La società ha un rating abbastanza alto nel panorama nazionale ( BBB+ per S&P e Baa1 per Moodys, ndr) e – come spiegano gli analisti – ha consentito alla multiutility di fare il pieno andando su una scadenza al 2028, notoriamente di difficile attuazione se non a fronte di costi nettamente superiori alla media. La domanda pari a 2,4 miliardi di euro da parte degli investitori istituzionali ha poi dimostrato l’interesse verso Hera all’indomani della fusione con Acegas. Progetto che rientra nel piano industriale 2012-2016 di Hera dopo aver annunciato investimenti per circa 1,9 miliardi di euro, in linea con l’obiettivo dell’azienda di consolidare la propria posizione nel settore utility del centro-nord Italia. Oltre all’obbligazione appena lanciata, Hera ha altre due emissioni in circolazione: un bond dicembre 2019, con cedola 4,5%, emesso nel novembre 2009 e uno con scadenza febbraio 2016 con cedola 4,125%, emesso nel febbraio 2006.
Hera, secondo operatore italiano nel business idrico
HERA (Holding Energia Risorse Ambiente) è un’azienda multiservizi con sede a Bologna e 6.000 dipendenti.
Nata nel 2002 dall’unione di undici aziende di servizi pubblici dell’Emilia Romagna, è fra i leader nella gestione dei servizi legati al ciclo idrico (potabilizzazione, depurazione, fognatura), nel settore energetico (distribuzione e vendita metano ed energia, risparmio energetico, teleriscaldamento e soluzioni innovative) e nella gestione dei servizi ambientali (raccolta e smaltimento rifiuti, igiene urbana, termovalorizzazione, compostaggio). Nel 2011 Hera è stata la prima multiutility italiana nel business Ambiente in termini di rifiuti raccolti e trattati (oltre 5.107 migliaia di tonnellate trattate negli impianti del Gruppo), la seconda nel business Idrico in termini di margine operativo lordo (150ml € nel 2010) e di volumi erogati (254 milioni di metri cubi di acqua), il quarto operatore italiano nel business Gas in termini di gas venduto (3.300 milioni di metri cubi di gas) e l’ottavo operatore italiano nel business Energia Elettrica in termini di energia elettrica venduta (10.000 GWh).
Fusione Hera Acegas per aggirare il referendum sulla privatizzazione dell’acqua
La fusione Hera-Acegas-Aps è ancora uno degli argomenti più discussi e osteggiati dai cittadini. Fa parte di un grande progetto del Ministro allo Sviluppo Passera per creare una super azienda che gestisca acqua, gas, elettricità e rifiuti, e che nasca dalla fusione delle multiutility del nord, ma che di fatto vuole aggirare il divieto di “privatizzazione dell’acqua” sancito dal referendum del 2010. Attraverso l’unione delle varie municipalizzate – sostiene il Movimento 5 Stelle – la fusione Hera S.p.A. con Acegas sembra proprio un trucco col quale ignorare e raggirare l’esito dei referendum sull’acqua, consentendo l’ingresso in massa dei privati nella super-multiutility. Con la fusione si andrebbero infatti a rivedere le regole statutarie che permetterebbero a privati e imprenditori di entrare a far parte del capitale della holding con diritto di voto mettendo quindi le mani sulla gestione dell’acqua pubblica e ricavandone lauti guadagni.
Tale società non sarebbe più di diritto pubblico, ma misto a privati che logicamente ne ricaverebbero interessi specifici. Speriamo solo che i 700 milioni raccolti con l’emissione del bond a 15 anni non servano a questo scopo.