La situazione economica e finanziaria in Venezuela sta assumendo da un giorno all’altro sempre più i contorni di una tragedia, a tratti comici. Un reportage di Bloomberg spiega come l’unica industria fiorente in questi mesi sia nel paese quella delle prostitute. Il perché lo si capisce subito. I loro clienti sono per lo più stranieri, spesso americani, e pagano, quindi, in dollari. Anzi, sono le stesse prostitute a pretendere che i clienti paghino in dollari, dopo averli attesi nei punti di sbarco del paese, presso i porti venezuelani.
Al quotidiano finanziario americano, una giovane donna confessa che 1-2 ore di lavoro come prostituta possono rendere oggi più di quanto si guadagnerebbe lavorando in un mese come commessa in un negozio. Quello che guadagnano lo portano al mercato nero, dove ottengono bolivar per 11 volte in più di quanto ricaverebbero con il tasso di cambio ufficiale. D’altronde, la prostituzione non è un reato in Venezuela, mentre sono previste pene severissime per quanti scambiano dollari sul
mercato nero. Qui, servono anche più di 70 bolivar per un dollaro, mentre al cambio ufficiale si ha un rapporto di 6,30. E’ facile intuire come le prostitute siano la categoria forse oggi più avvantaggiata nel paese, insieme ai tassisti agli aeroporti, agli agenti di viaggio, ossia a tutte quelle figure che entrano direttamente in contatto con gli stranieri e la loro preziosa valuta. Grazie a questo divario enorme tra cambio ufficiale e quello reale, le prostitute riescono a proteggersi così dall’
inflazione, schizzata a maggio al 60,9% su base annua, sebbene in lieve decelerazione dal 61,5% di aprile.
APPROFONDISCI – In Venezuela non bastano le banconote: allarme inflazione verso il 70% Ma la situazione è gravissima. Nel paese manca di tutto. I consumatori riferiscono alla stampa straniera che sono costretti a estenuanti tour tra i mercati per fare la spesa, anche solo per comprare il caffè bisogna recarsi presso qualche rivenditore clandestino, che lo offre a un prezzo di circa 11 volte quello ufficiale praticabile.
E’ la tragedia dei
prezzi amministrati, spesso imposti al di sotto dei costi di produzione, che disincentivano le imprese a produrre e i commercianti a vendere. Associati a un tasso di cambio irrealisticamente forte, non si trovano più dollari per importare e nel paese gli scaffali sono vuoti. L’indice di
scarsità per i beni primari si aggira al 28% circa. Ma il dato è riferito a gennaio, nel frattempo, la crisi si è aggravata ed è probabile che i beni siano sempre più rari nei negozi. Sintomo di un’economia al collasso è quanto sta avvenendo anche al
settore funerario. A causa della mancanza dei materiali, la costruzione di bare è crollata del 20-30% nelle ultime settimane, tanto che un giovane tecnico di condizionatori di 24 anni ha dovuto impiegare 2 giorni per trovarne una per seppellire la figlia di 5 anni, morta a inizio settimana. Il presidente
Nicolas Maduro, però, non demorde e tramite il suo Organo Superiore di Economia va avanti con le ispezioni presso gli stabilimenti, requisendone la produzione e occupandoli, nel tentativo di arrestare quella che definisce una “congiura della borghesia” contro il suo governo socialista, ovviamente in combutta con l’odiato nemico americano.
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