Meglio i Bot o il mattone? Ecco dove conviene investire i propri risparmi

I titoli di stato, anche se rendono poco, sono di gran lunga preferibili all’investimento immobiliare. Fra i motivi principali non ci sono solo le tasse che gravano sulla casa
10 anni fa
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La casa rimane l’investimento preferito degli italiani. Tuttavia qualcosa sta cambiando radicalmente in un quadro macroeconomico recessivo o, comunque, di bassa crescita prevista per molti anni e la tendenza a investire nel mattone continua a scemare. Il fenomeno è tendenzialmente generalizzato a livello europeo, ma molto più accentuato in Italia, dove lo Stato ha alzato a dismisura le imposte sugli immobili utilizzandoli come veri e propri bancomat per fare cassa. Così, oggi come oggi, chi ha la possibilità di risparmiare disponendo di cifre consistenti da investire, non le mette più nel mattone, come seconda casa o casa vacanze a scopo di affitto che, oltre a perdere di valore (salvo particolari eccezioni), necessita di cure e interventi periodici di manutenzione.

Se poi l’inquilino non riesce più a pagare l’affitto, oltre al mancato guadagno, si aggiungono le complicanze burocratiche per le cause di sfratto (aumentate esponenzialmente in questi ultimi anni) con il rischio poi di ritrovarsi l’immobile vuoto.     Il Btp a dieci anni rende il 2% ed è più sicuro   L’alternativa rimangono sempre i titoli di stato. Lo erano in passato, lo sono a maggior ragione oggi, anche se rendono poco. Magari non proprio i Bot, il cui rendimento è ai minimi storici, ma i Btp a lungo termine sì. Su una distanza di dieci anni, il Btp offre un rendimento lordo di poco superiore al 2% che è più o meno simile a quello di un appartamento dato in locazione, ma con meno rischi impliciti e la possibilità per l’investitore di rientrare in possesso della somma prestata allo Stato in qualsiasi momento. Cosa, impossibile per un immobile, per il quale oggi mediamente ci vogliono 6-8 mesi per poterlo vendere. Ma facciamo un esempio pratico. Un immobile del valore di 200.000 euro in una grande città, in zona semicentrale, potrebbe fruttare mediamente 8.000 euro all’anno di affitto.
La stessa cifra si otterrebbe investendo in Btp 5% con scadenza maggio 2025 (IT0004513641 ), ma con costi decisamente minori. La commissione bancaria per l’acquisto del bond è irrisoria rispetto ai costi di agenzia, di notaio e di registro per l’acquisto di un immobile. Inoltre, se per l’investimento immobiliare sono aumentati i rischi di non riuscire a incassare regolarmente l’affitto a causa dell’esplosione del tasso di disoccupazione, per il titolo di stato il rischio di non pagare gli interessi non c’è. Anzi, in prospettiva del lancio del quantitative easing da parte della BCE, i Btp sono oggi molto più sicuri rispetto al passato, nonostante il rating nei confronti dell’Italia si sia abbassato. A parte questo, l’investitore deve poi sapere che sugli immobili, soprattutto sulle seconde case, grava ormai un balzello permanente dello Stato (Imu) che non è possibile quantificare con certezza da un anno con l’altro. Soprattutto in previsione di una imminente revisione degli estimi catastali. Imposte che non possono essere trasferite nemmeno sui canoni di locazione, già alti, pena il rischio di non riuscire ad affittare.     Seconda casa? Meglio all’estero   [fumettoforumright]Non c’è quindi da sorprendersi se gli italiani non investono più in seconde case. Anzi – secondo le previsioni di Tecnocasa – la tendenza potrebbe accentuarsi nei prossimi anni e il calo delle compravendite potrebbe non essere molto diverso da quello del 2013 e 2014, soprattutto se non ci saranno cambiamenti sul fronte dell’erogazione del credito e sul fronte dell’occupazione, i due elementi che più di tutti hanno inciso in questi anni sull’andamento del mercato immobiliare. Fanno eccezione le grandi città, dove si può notare un timido ritorno agli acquisti, ma ciò non basta sicuramente a far invertire l’onda lunga di un trend negativo iniziato sei anni fa.
E non è nemmeno da pensare che ci sarà una ripresa del mercato così rapida come è stato negli Stati Uniti, perché lì le dinamiche di compravendita sono diverse e legate soprattutto al mondo del lavoro. Piuttosto c’è da entrare nell’ottica giapponese che ha visto i prezzi degli immobili scendere inesorabilmente per 30 anni dopo il picco degli anni ’80. Così, Tecnocasa prevede un ulteriore calo dei prezzi in genere dell’ordine del 3-5 per cento all’anno in Italia, mentre, per converso, sono aumentati gli italiani che acquistano seconde case all’estero, in Spagna, Grecia, Olanda, ecc. dove la pressione del fisco e i costi notarili sono più bassi o addirittura nulli e anche i prezzi nelle grandi città sono più abbordabili.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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