Questa smentiva in un solo colpo i pensieri dominanti fino all’epoca: quello neo-classico o liberista, in quanto dimostrava come la piena occupazione non si fosse registrata nemmeno quando le economie erano in condizioni di mercato quasi del tutto libero, in cui la presenza dei sindacati era scarsa; quello keynesiano, perché basato sulla convinzione che non potesse esserci crescita dei prezzi in un’economia, senza che si fosse giunti prima alla piena occupazione. La curva di Phillips ebbe conseguenze notevoli sul piano economico, perché fu interpretata quale strumento di politica economica nelle mani dei governi, i quali avrebbero potuto scegliere una combinazione per loro ottimale tra inflazione e disoccupazione. Sulla spinta di questa nuova teoria, il democratico John Kennedy vinse le elezioni presidenziali in America nel 1960 contro una vecchia volpe come Richard Nixon.
La curva di Phillips è smentita ancora dalla crisi sul mercato del petrolio
La teoria economica basata sulla curva di Phillips s'imbatte nella dura realtà di questa fase, che come negli anni Settanta, sembra sconfessarne anche la sola esistenza. Vediamo perché.
Nel 1958, un economista neozelandese, Alban William Phillips, pubblicò su Economica uno studio condotto sulla relazione tra salari e disoccupazione negli USA dalla metà dell’Ottocento e fino ai suoi giorni. Ripeté l’analisi per le altre principali economie, tra cui quella del Regno Unito, la Germania e la Francia, trovando un risultato apparentemente curioso: la variazione dei salari era inversamente proporzionale a quella del tasso di disoccupazione, ovvero quando quest’ultimo saliva, si assisteva a una decelerazione dei primi e oltre un certo tasso di disoccupazione, i salari nominali iniziavano a diminuire; viceversa quando scendeva. Considerando che tra i salari e prezzi sussisterebbe un legame diretto (in assenza di variazioni della produttività, un aumento/calo dei salari si traduce in un aumento/calo dei prezzi dei beni e servizi), Phillips ne dedusse che tra inflazione e disoccupazione vi fosse un “trade-off”, ovvero che i 2 viaggiassero in direzione opposta. I risultati del suo studio diedero vita a un dibattito, che impera ancora oggi nel mondo economico e che grosso modo suddivide gli economisti di destra e di sinistra in contrari e favorevoli a quella che fu definita la “curva di Phillips”.