Referendum costituzionale 4 dicembre: spiegati nel dettaglio i motivi del “SI” e del “NO”

Referendum costituzionale del 4 dicembre: cosa votare? Spiegato nel dettaglio cosa comporta votare “SI” e cosa comporta votare “NO”
8 anni fa
11 minuti di lettura

Referendum costituzionale del 4 dicembre è l’appuntamento nel quale gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimere il proprio voto sulla riforma costituzionale promossa dal governo Renzi. I cittadini dovranno decidere con un SI o con un NO se approvare le modifiche alla nostra Costituzione previste dal ddl Boschi. La riforma è già stata approvata dal nostro Parlamento, ma potrà entrare in vigore solo se il referendum costituzionale avrà esito positivo.  Il risultato di questo tipo di consultazione sancirà il futuro della nostra carta costituzionale.


Vediamo di andare nel dettaglio e capire in cosa potrebbe migliorare il sistema italiano e in cosa no.

Ecco elencati i motivi per cui votare SI al referendum ed i motivi per cui invece votare NO al referendum.

Referendum costituzionale: i motivi del SI

Superamento del bicameralismo perfetto

Col sistema attuale, il nostro Parlamento è formato da Camera e Senato entrambe coi medesimi poteri di modifica delle leggi e sfiducia verso il governo.

Con il SI al referendum, il Senato subirebbe una vera e propria rivoluzione. Dagli attuali 315 eletti direttamente dai cittadini, si passerebbe a solo 100 rappresentati eletti in maniera indiretta, con funzioni molto limitate rispetto ad oggi. Inoltre ci saranno le seguenti modifiche:

  • il Senato discuterà e voterà assieme alla Camera solo le leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione Europea e territorio, oltre che su leggi costituzionali, revisioni della Costituzione, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali, leggi sulla Pubblica Amministrazione, leggi su organi di governo e sulle funzioni di Comuni e Città Metropolitane;
  • per quanto riguarda le altre leggi ordinarie, il Senato può chiedere alla Camera la revisione di una legge entro 10 giorni dalla sua presentazione, su richiesta di 1/3 dei suoi componenti. La Camera può decidere di non accogliere le modifiche proposte e andare alla votazione finale senza ascoltare il Senato. Le eventuali modifiche proposte alle leggi di bilancio o su leggi riguardanti competenze che vengono assegnate esclusivamente alle Regioni, possono essere ignorate dalla Camera solo se viene superata nella votazione la maggioranza assoluta;
  • i senatori possono presentare disegni di legge alla Camera solo se il Senato appoggia la proposta a maggioranza assoluta.

L’intento è quello di trasformare il Senato in una “Camera delle Regioni” e cercare di velocizzare l’iter legislativo garantendo più poteri alla Camera dei Deputati.

Abolizione degli organi costituzionali superflui

Con la riforma viene abolito il Consiglio Nazionale dell’Economia del Lavoro (CNEL).

Nel testo costituzionale attuale, il CNEL ha potere di proposta legislativa sui temi legati all’economia ed al lavoro ma nella storia italiana non ha mai inciso in maniera rilevante nell’iter legislativo. La sua abolizione permetterà di risparmiare diversi milioni all’anno. Verranno abolite del tutto anche le Province e le loro funzioni saranno spartite fra Comuni e Città Metropolitane.

Leggi di iniziativa popolare e partecipazione

La riforma prevede nuove modalità per le leggi proposte dai cittadini. Per presentare un ddl di iniziativa popolare in Parlamento saranno necessarie 150.000 firme, attualmente ci vogliono  50.000 firme, ma vi sarà la garanzia costituzionale che queste dovranno essere discusse e votate in Parlamento. Viene anche introdotto un nuovo tipo di referendum: il referendum “propositivo” o “di indirizzo” permetterà ai cittadini di richiedere al Parlamento di emanare una nuova legge su un particolare tema.

Riduzione dei parlamentari e taglio dei costi

Il Senato sarà composto da soli 100 membri: 74 verranno nominati all’interno dei vari Consigli Regionali con un metodo proporzionale in base alla popolazione e ai voti presi dai partiti, mentre 21 saranno scelti dagli stessi Consigli Regionali fra i sindaci della Regione. Ogni senatore ricoprirà la propria carica per tutta la durata del suo mandato amministrativo e non riceverà alcun compenso per la sua attività parlamentare.

I 5 senatori rimanenti verranno nominati dal Presidente della Repubblica e rimarranno in carica per sette anni.

La carica di Senatore a Vita rimarrà in vigore solo per gli ex-Presidenti della Repubblica e per coloro che già la ricoprono.

Stabilità del governo

Il Senato non avrà più il potere di sfiduciare il governo in carica, ma questo potere rimarrà prerogativa della Camera dei Deputati. Grazie all’Italicum, la nuova composizione della Camera garantirà alla coalizione vincitrice un numero adeguato di deputati per formare un governo stabile e duraturo.

Sono previsti anche limiti precisi che l’esecutivo dovrà seguire per l’emissione di decreti legge.

Per i motivi del No andate alla pagina 2.

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