Aborto: quando è legale e quando non lo è, facciamo chiarezza

Interruzione volontaria di gravidanza: che cosa è, quando è legale e come avviene. Chiarimenti su aborto spontaneo e volontario.
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8 anni fa
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Parliamo di aborto, un tema molto dibattuto e controverso. Cerchiamo di fare chiarezza sul tema dell’interruzione volontaria di gravidanza e di come essa è disciplinata a livello giuridico cercando di andare al nocciolo della questione e capire se l’aborto è legale oppure no.

Aborto legale o no?

L’aborto è l’interruzione volontaria di gravidanza prima dei nove mesi previsti di gestazione. Questo può avvenire volontariamente, oppure in maniera spontanea. Nel caso dell’aborto provocato, l’interruzione della gravidanza viene stimolata con tecniche mediche per volontà della donna o per motivi sanitari e la giurisprudenza lo ha disciplinato con la legge n.

194/1978 che si ispira ai principi di diritto alla procreazione cosciente e responsabile, il riconoscimento del valore sociale della maternità e la tutela della vita umana dal suo inizio.

A tal proposito la gestante può abortire nei primi 90 giorni per sua libera scelta, poiché ritiene la gravidanza un pericolo per la salute o a causa di condizioni economiche o sociale sfavorevoli. In tutti questi casi può rivolgersi ad un consultorio pubblico (che avrà lo scopo di assisterla, sostenerla e informarla sui suoi diritti in base alla legislazione statale), alle strutture sanitarie o al medico di base. Se suddette motivazioni vengono confermate, la donna otterrà un certificato che attesterà il carattere di urgenza all’interruzione, altrimenti le viene concesso un termine di sette giorni per riflettere, dopodiché potrà comunque procedere all’aborto.

Dopo i 90 giorni, invece, la donna può abortire solo in specifici casi voluti dalla legge, nel caso in cui la gravidanza rappresenti un serio pericolo per la salute della stessa o per possibili anomalie o malformazioni del nascituro. In tutti gli altri casi esso viene considerato illegale. L’aborto spontaneo, invece, avviene in maniera accidentale, spesso nei primi tre mesi di gravidanza. L’aborto è previsto anche per fini terapeutici.

In questo caso il medico individuerà delle patologie che potrebbero colpire la madre o il feto come tubercolosi polmonare, malattie cardiache, malattie renali croniche, tumori, Aids o sindrome di Down per il feto.

Come avviene

Dopo aver ottenuto il certificato che attesta l’urgenza dell’aborto o il documento che attesta i sette giorni di riflessione, la donna può presentarsi nelle strutture sanitarie consigliate. Nei primi 90 giorni l’operazione può essere fatta in case di cura autorizzate o presso poliambulatori, il medico dovrà fornire alla gestante tutte le informazioni utili sulle tecniche abortive e la regolazione delle nascite. In ogni caso la donna avrà diritto all’anonimato e al segreto, ovvero il medico non dovrà rivelare l’identità della gestante che intende abortire.

In alcuni casi può presentarsi l’ostacolo dell’obiezione di  coscienza, ossia il rifiuto da parte dei medici, infermieri o anestesisti di adempiere ad un obbligo di legge per ragioni etiche o morali, che non vale se l’intervento di interruzione della gravidanza è obbligatorio per salvare la vita della donna. Nel caso di soggetti minorenni, infine, è necessario il consenso scritto di chi esercita la responsabilità genitoriale a meno di seri motivi che delegano al consultorio, al medico o ai servizi socio-assistenziali, i quali potranno rivolgersi al giudice tutelare. Quest’ultimo avrà la facoltà di dare il via libera alla donna di procedere all’aborto per motivi gravi e validi.

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