L’Antitrust ha bocciato la legge sugli home restaurant, già approvata alla Camera, che assicura alcuni punti sull’attività dei ristoranti domestici. Secondo il Garante, infatti, la sharing economy deve essere regolata in maniera leggera. Vediamo quali sono i punti censurati.
Garante per la Concorrenza boccia la legge
Nell’ultimo bollettino del Garante per la Concorrenza si parla del disegno di legge sulla ristorazione domestica, ossia pranzi e cene preparati da cuochi amatoriali direttamente a casa e mangiati nel salotto dell’abitazione attraverso piattaforme tecnologiche come Gnammo.
Tra i punti da verificare e censurati ci sono quelli inerenti il numero massimo di coperti, 500, e di entrate, 5mila euro, che un home restaurant può realizzare nel corso dell’anno. Nella carta fa parte delle attività di sharing economy anche se alla fine la finalità è più simile ad una piccola attività imprenditoriale simile ad Airbnb. La legge prevede alcune disposizioni tra cui l’assicurazione per rischi derivanti dall’attività e sulla responsabilità civile verso terzi, con particolare focus all’obiettivo dell’attività occasionale, ossia la promozione della leale concorrenza per assicurare che l’attività svolta dai cuochi sia occasionale e per evitare lamentele da parte dei ristoratori classici.
La legge, insomma, prevedeva dei paletti stringenti che l’Antitrust ha bocciato in quanto sarebbero in contrasto con le raccomandazioni europee che prevedono una regolazione minima. Oltre ai punti sul tetto massimo di coperti ed entrate annuali, considerate limitate visto che molte delle entrate finirebbero per pagare le spese per l’acquisto dei prodotti per la preparazione del cibo, il Garante boccia anche il punto inerente l’obbligo di attività attraverso piattaforme digitali e con pagamento anticipato, fattore che risulterebbe discriminante, così come il punto in cui si vieta di organizzare le cene in abitazioni affittate a turisti, come bed and breakfast, considerato privo di motivazioni.