Lavorare al Ministero di Giustizia? Lo scandalo dei tirocinanti a cui è stato ‘rifiutato’ lo stipendio

Lo scandalo dei tirocinanti del Ministero di Giustizia che hanno visto 'scomparire' le borse di studio: quando anche lavorare per lo Stato è sfruttamento.
7 anni fa
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Lavorare al Ministero di Giustizia come tirocinante da neolaureato è una delle massime ispirazioni per moltissimi ragazzi che hanno appena terminato lo studio: si tratta di un’importante attività che accresce molto il curriculum con punteggi nelle graduatorie e la possibilità di accedere al concorso per la Magistratura e alla quale si può accedere soltanto con titoli di eccellenza, come la laurea con almeno 105 di votazione e la media del 27 nelle seguenti discipline (diritto costituzionale, diritto penale, diritto privato, diritto commerciale, diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto processuale penale e civile).

Ebbene, la notizia del giorno è che a lavorare per il Ministero di Giustizia si rischia di non guadagnare nulla: è arrivata sulla scrivania del Ministro Andrea Orlando e del premier Gentiloni la lettera di 1300 tirocinanti che hanno appena appreso di non rientrare nel novero di coloro che possono aspirare alla borsa di studio, nonostante prestino già servizio presso tribunali e procure.

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Lavorare (gratis) al Ministero di Giustizia: ancora una vergogna tutta italiana

Sì, si tratta di una vergogna tutta italiana. Lavorare gratis è sempre umiliante, soprattutto quando si tratta di effettuare un lavoro ‘specializzato’, ma lavorare gratis alle dipendenze di un Ministero è ancora più frustrante. La questione, così come viene analizzata all’interno della lettera, è la seguente: il Ministero ha stanziato 8 milioni di euro per le borse di studio ai tirocinanti, ma a partire dal 2016 ne ha presi in numero maggiore rispetto alle possibilità contenute all’interno degli 8 milioni di cui sopra; semplificando al massimo, circa 1300 persone, che hanno svolto lavoro in tribunali e procure, non percepiranno neanche i 400 euro mensili, di cui consta la borsa di studio. Il tirocinio, come si sottolinea nella missiva, è ovviamente ‘formativo’ ma è equiparato al lavoro, nella misura in cui il ‘Decreto del fare’, che li ha istituiti, parlava chiaramente di necessità di smaltire il lavoro delle procure.

La situazione è davvero paradossale e offensiva di ogni dignità umana: giovani neolaureati di eccellenza hanno prestato il proprio servizio a titolo assolutamente gratuito, nonostante la normativa, nel silenzio generale. È soprattutto per questo che abbiamo deciso di dare voce a questi giovani.

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Lavorare al Ministero di Giustizia: perché il lavoro in Italia è senza dignità – le proposte

L’analisi che vogliamo proporre consta di due riflessioni. La prima è la seguente: utilizzare i tirocinanti, con paghe comunque da fame (400 euro al mese) per portare avanti il lavoro nella Pubblica Amministrazione è già di per sé una cosa criticabile – chi lavora deve essere pagato senza se e senza ma, secondo una delle più normali regole del vivere civile moderno. La seconda è che è ancora più vergognoso utilizzare le ‘speranze’ dei tirocinanti nonché il loro lavoro, senza neanche la possibilità di un compenso minimo. Le proposte portate avanti dai giovani tirocinanti sono due: la prima è ovvia, trovare i fondi e permettere a tutti di avere quel minimo che restituisce dignità al proprio impegno; la seconda riguarda la trasformazione della normativa sui tirocini, inserendo un ‘compenso fisso’ a chiunque svolga questa attività.

Proposte sicuramente di buon senso, ma che difficilmente avranno seguito. Lavorare in Italia è sempre più difficile: non solo il privato ne approfitta, ma anche il pubblico. Ancora una volta l’Italia non è un paese per giovani.

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