La crisi dei migranti non cessa e, anzi, si aggrava. In una settimana appena, in Sicilia gli sbarchi hanno portato oltre 14.000 immigrati, un’emergenza che ha costretto il governo Gentiloni a chiedere formalmente aiuto alla UE, appellandosi al senso di solidarietà e alla necessità che i clandestini sbarcati sulle coste siciliane siano ricollocati tra tutti gli stati membri. A parole, il ministro dell’Interno, Marco Minniti, aveva ottenuto rassicurazioni sul punto a Parigi nel fine settimana, ma dalla Francia è giunta la doccia fredda subito dopo.
Insomma, l’Italia è stata lasciata sola ancora una volta. La UE si rivela un’istituzione perfettamente inutile quando dovrebbe servire. Una colossale presa in giro per Roma, che adesso non ha alcuna alternativa, se non di gestire per la prima volta da anni seriamente il fenomeno, senza ambiguità e, soprattutto, senza buonismi. (Leggi anche: Emergenza migranti: accordo con Francia e Germania è ennesima beffa all’Italia)
Il presidente Macron ha dichiarato nei giorni scorsi che l’80% di chi sbarca nel nostro paese sarebbe un migrante per ragioni economiche, ovvero non avrebbe diritto di asilo. I dati sono quelli di Frontex del 2015. Nel frattempo, quella percentuale potrebbe essere lievitata, vale a dire che quelli che fuggono da guerre e persecuzioni potrebbero essere una minoranza ancora più sparuta. E allora come facciamo a fermare gli sbarchi? La soluzione si chiama rigore.
Come fermare gli sbarchi
Le Ong attendono ormai i migranti di fronte alle coste libiche e li portano in Italia. Ci si potrebbe chiedere come mai non li portino a Malta o in un qualche altro stato del Sud Europa.
Immaginiamo che un gommone parta da Tripoli e si diriga al porto di Catania. Una Ong lo attenderebbe a pochi chilometri dal punto di partenza, in acque internazionali. A quel punto, lo rimorchierebbe e lo scorterebbe fino in Sicilia. Appena entrati in acque italiane, i militari della Guardia Costiera dovrebbero compiere tre operazioni: la prima, soccorrere i migranti e prestare loro tutta l’assistenza necessaria del caso; la seconda, fermare i responsabili della Ong soccorritrice e aprire su di loro un processo per direttissima; terza, rispedire tutti i migranti in Libia all’istante, senza se e senza ma. (Leggi anche: Emergenza migranti: dalla UE tante belle parole, ma Macron si sfila)
Si dirà, che i flussi non si fermerebbero di certo così. Invece, forse sì. Chi pagherebbe mai migliaia di dollari, che in Africa sono un’enormità, per rischiare di essere rispedito in giornata in Libia? E chi tra i volontari si presterebbe a soccorrere i migranti, portandoli in Italia, se consapevoli che saranno certamente processati e mandati in galera nel caso fossero trovati responsabili di favorire l’immigrazione clandestina?