Charlie Gard, il bambino di 10 mesi affetto da deplezione del DNA mitocondriale, una malattia di cui si conoscono 16 casi in tutto il mondo, dopo alcune complicazioni intervenute a marzo si è aggiunta alla patologia del piccolo anche una encefalopatia che, modificando il funzionamento del suo cervello, non gli ha permesso più di respirare autonomamente. Il piccolo è stato mantenuto in vita grazie a respiratori meccanici ospedalieri ed è entrato in una battaglia giudiziaria tra l’ospedale di Londra in cui è ricoverato e i suoi genitori.
L’ospedale, infatti, per offrire a Charlie una morte dignitosa ha chiesto ed ottenuto il consenso di staccare il respiratore che lo tiene in vita. I genitori del piccolo si sono rivolti prima all’Alta Corte, poi alla Corte di Appello e poi alla Corte Suprema, che si sono schierate sempre dalla parte dei medici. Connie e Chris, i genitori di Charlie, si sono infine rivolti alla Corte Europea dei Diritti Umani che, però, non è voluta intervenire sulla questione respingendo il ricorso lo scorso 26 giugno, data dalla quale i medici potranno staccare la spina delle macchine che tengono in vita Charlie, assicurando che quando questo avverrà sarà in accordo con i genitori del piccolo.
Speranza di una cura in Usa
Per Chris e Connie si era accesa una luce di speranza avendo scoperto che negli USA esiste una cura sperimentale ottenendo il permesso dall’istituto americano e dall’ospedale di Londra in cui il figlio è ricoverato di trasferire Charlie. Speranza spenta dall’aggravarsi delle condizioni del piccolo a marzo, dopo che la comunità inglese aveva raccolto per il trasferimento oltre un milione di sterline grazie ad 80mila donatori.
Sul caso di Charlie Gard si è espresso Papa Francesco che ha dichiarato che la vita va difesa soprattutto quando è ferita. Il Santo Padre segue “con affetto e commozione la vicenda del piccolo Charlie Gard ed esprime la propria vicinanza ai suoi genitori.
Ed è proprio il Bambin Gesù di Roma a farsi avanti e a dirsi pronto ad accogliere il piccolo Charlie. Il presidente Mariella Enoc, della struttura romana, si è messa in contatto con il Great Ormond Street Hospital di Londra, dove il piccolo è ricoverato, per capire se è possibile un eventuale trasferimento. “Sappiamo che il caso è disperato e che, a quanto risulta, non vi sono terapie efficaci – Ma siamo disponibili ad accogliere il bimbo per il tempo che gli resterà da vivere”.
Solidarietà anche dagli Stati Uniti con Donald Trump che è intervenuto sulla questione affermando che laddove è possibile aiutare lo faranno. Il Presidente non ha parlato direttamente con i familiari del bimbo perché non vuole esercitare pressione in alcun modo – ha spiegato un portavoce della Casa Bianca – ma membri dell’amministrazione hanno contatti facilitati dal governo britannico”.