Se Matteo Renzi ha lanciato il suo manifesto programmatico per la prossima legislatura, aprendo di fatto le danze nel governo in vista della campagna elettorale, per tutta risposta è arrivata la replica del ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, che pur essendo annoverato tra i renziani, da tempo appare in rotta di collisione con il segretario del PD, essendo anche stato il primo nella maggioranza ad avere pubblicamente sconfessato la politica dei bonus del precedente esecutivo. E anche stavolta si è trattato di una presa di distanza dalla proposta di aumentare il deficit fiscale al 2,9% del pil per 5 anni, anziché tendere al pareggio di bilancio, in modo da ricavare una trentina di miliardi all’anno di risorse, da destinare al taglio delle tasse.
Secondo Calenda, non solo l’ipotesi in sé potrebbe rivelarsi impraticabile (“serve convincere chi compra il nostro debito pubblico”), ma andrebbe semmai bene, a patto che le risorse ricavate vengano impiegate per sostenere gli investimenti, favorire le assunzioni attraverso il taglio del cuneo fiscale e introdurre misure contro la povertà. Insomma, una sorta di contro-manifesto, la cui portata politica non viene meno per la smentita del diretto interessato di volere scendere in campo con un partito proprio (“non serve”), ma che anzi si arricchisce della candidatura dell’ex premier Silvio Berlusconi per la coalizione di centro-destra, anche se frutto di una battuta estemporanea del fine settimana appena trascorso, durante il quale è stato lanciato anche il nome di Mario Draghi. “Devo portare a termine il mio lavoro”, ha chiosato il ministro sul suo futuro politico, un’espressione che sembra tutt’altro che una chiusura a un suo ruolo di leader.
Berlusconi strizza l’occhio a Calenda
Calenda ha invitato Renzi a porre fine alla fase della rottamazione e ad aprirne una all’insegna della condivisione, oltre che a dotarsi di un piano per l’Italia, capace di guardare al lungo termine e di non fermarsi sulle “mance elettorali” (a chi avrà alluso?).
Berlusconi appare il vincitore morale di questa nuova fase politica di riassestamento di tutti e tre gli schieramenti, come dimostrano anche le ultime dichiarazioni dello stesso Renzi, secondo cui parte delle responsabilità italiane nell’avere assegnato eccessiva importanza alla Commissione europea, delegando troppo, è del centro-sinistra, che ha utilizzato l’Europa per cercare di abbattere così il governo di centro-destra; quasi il riconoscimento politicamente più importante nel campo avversario della posizione berlusconiana, secondo cui sarebbe stato ordito un complotto ai danni del governo nel 2011, di cui sarebbe stato complice il PD. Ma, soprattutto, la quasi formale apertura dei renziani a un esecutivo poggiato sulle larghe intese con Forza Italia dopo le elezioni, nel caso in cui non le vincesse nessuno.