La bestemmia è un reato che è stato depenalizzato con l’articolo 57 del dl numero 55 del 30 dicembre 1999. Nonostante questo, avendo la bestemmia un disvalore sociale che non può essere ignorato, anche se la blasfemia non è più considerata reato è comunque punibile dal punto di vista amministrativo.
L’articolo 724 del codice penale, infatti, prevede che chi utilizza parole oltraggiose contro divinità proprie o altrui in pubblico può essere multato con una sanzione amministrativa che va dai 51 al 309 euro per mantenere, in qualche modo, le regole civili poste alla base di una società civilizzata.
La bestemmia non deve essere pronunciata in pubblico e con la sentenza 440 del 18 ottobre 1995 la Corte di Cassazione ha eliminato ogni riferimento che limitava la bestemmia al solo cattolicesimo. Con la sentenza della Corte di Cassazione in oggetto, infatti, veniva dichiarato illegittimo anche l’articolo 724 del codice penale nella parte in cui limitava la punibilità alle parole oltraggiose indirizzate alla Divinità, ai Simboli o alle Persone venerati nella religione dello Stato.
In questo modo, però, la Corte di Cassazione ha ottenuto un duplice effetto: se da una parte non ha più limitato la bestemmia al solo cattolicesimo estendendola a tutte le divinità di tutte le religioni, dall’altra ha cancellato i riferimenti a Simboli e persone venerate lasciando come bestemmia solo le parole oltraggiose riferite alle divinità.
Oltraggiare i Santi, la Madonna, i simboli religiosi, quindi, non è una bestemmia, ma lo è solo oltraggiare la divinità di una determinata religione, e solo in questo caso, appunto, scatta la possibilità di vedersi elevare una multa per blasfemia.