Dopo l’estate si torna a cercare lavoro più insistentemente. Il primo bivio che ci si trova davanti è: mandare il cv ad aziende oppure tentare la strada dei concorsi pubblici? Si tratta in pratica di fare un confronto tra lavoro nel pubblico e nel privato: quale conviene di più? Premettiamo che il paragone non può che avere carattere generale perché anche all’interno di queste due macrocategorie occorre fare distinzioni importanti: lavorare in una grande multinazionale non offre le stesse prospettive di carriera di un’impresa familiare così come lavorare a partita IVA non dà le stesse tutele e coperture di un contratto a tempo indeterminato; e così anche dire “lavoro nel pubblico” è generico perché mette nel calderone la carriera militare con quella scolastica ad esempio.
Annuncio di lavoro e bando concorso a confronto: quale dà maggiori possibilità di essere assunti?
Prima di tutto cambiano i criteri selettivi e di assunzione. Il datore di lavoro privato metterà verosimilmente un annuncio per la posizione aperta. Chi cerca lavoro nel privato quindi deve puntare sul curriculum. Il lavoro pubblico invece passa per esami e concorsi.
Stipendi a confronto: si guadagna di più da dipendete pubblico o privato?
Sul fronte stipendi non mancano i falsi miti da smontare. Guadagna di più un dipendente pubblico o privato. Stando ai dati della Cgia di Mestre aggiornati ai redditi 2014, i dipendenti pubblici guadagnano in media 2 mila euro in più di quelli privati di pari livello (34.289 euro dichiarate contro 32.315). Ma come sopra accennato è debito fare una differenza tra i diversi lavori: all’interno di una stessa azienda, di certo un manager non guadagna quanto un operaio. Tra i dipendenti pubblici in Italia gli stipendi più bassi sono nel comparto scuola e sanità.
Licenziamento: è più difficile mandare a casa un dipendente privato?
Sicuramente quello che più attira del lavoro nel pubblico è che viene considerato un “posto fisso”. Ma è ancora così? A tal proposito è bene tenere in considerazione le regole sui licenziamenti dei dipendenti pubblici in seguito alla riforma. In ogni caso resta l’obbligo di reintegro per i dipendenti pubblici in caso di licenziamento illegittimo.