Altro che Fisco amico, l’immagine che esce dalla confessione di un alto funzionario dell’Agenzia delle Entrate svela che dietro ai controlli contro l’evasione c’è un atteggiamento ben diverso. Perché alcune imprese sembrano finire nel mirino del Fisco, che spesso si accanisce, e altre invece appaiono essere esenti da ispezioni? Potrebbe non essere il caso o questione di “fortuna” diciamo così. Come ha sintetizzato Federcontribuenti, “abbiamo 2 modelli di impresa in Italia, quella che opera con i baroni e quelle sfigate spremute fino al midollo”.
La selezione, infatti, viene fatta, a detta di questa testimonianza, con metodi non propriamente ortodossi. “Quando mandiamo gli ispettori in un’azienda per le verifiche fiscali sappiamo a priori di trovare del nero perché essere regolari al 100% è impossibile senza fallire”. In altre parole il sistema ricalca quello usato dalle multe per fare cassa: “inviamo gli ispettori dove sappiamo di trovare sacche di nero e cioè tra PMI, piccoli commercianti e artigiani”, allo stesso modo in cui si posizionano divieti o autovelox in punti strategici. Ogni 120 giorni le PMI sottostanno al rilascio de DURC che ne certifica la regolarità nello svolgimento dell’attività.
Trattamento ben diverso per le grandi aziende, le quali spesso godono di fiscalità agevolata e finanziamenti a fondo perduto. Non solo: “i nostri ispettori non entrano nelle grandi aziende ammanigliate con gli amici al governo con la stessa arroganza con la quale entrano nelle piccole saracinesche, è un dato di fatto e lo sanno tutti”.
Una questione sulla quale però Federcontribuenti, contando anche su questa testimonianza, è intenzionata a sollevare il velo di omertà: spiega il presidente Marco Paccagnella che “non si tratta di giustificare l’evasione fiscale, dobbiamo parlare di evasione fiscale con serietà ripristinando equità di trattamento tra piccole e grandi imprese e in tutte le regioni italiane estendendo il discorso anche a livello europeo”.