Quando muore un familiare può capitare di trovare diverse copie di testamento insieme ad appunti del defunto, documenti, indicazioni lasciate per i familiari etc.
Si potrebbe, tra le altre cose, trovare qualcosa che si avvicina molto ad un testamento, con tanto di data e firma, in cui il defunto si raccomanda di fare dei suoi beni divisioni eque e giuste senza, però, lasciare vere e proprie disposizioni. Una raccomandazione del genere può essere considerata un testamento? Quali scritti del defunto, per la legge, hanno un valore?
Eredità: quali scritti non sono testamento?
In base a diverse pronunce di tribunali e Corte di Cassazione è possibile stabilire quali scritti possono essere considerati legali e quali, invece, non possono essere equiparati ad un testamento.
In questa ipotesi, se il testamento è olografo, lo scritto è valido, in tutte le altre ipotesi gli scritti non hanno valore legale di testamento.
Possono, però, esserci anche delle disposizioni generiche che non sono incluse nel testamento che possono avere lo stesso valore del testamento: se in uno scritto, tra le varie disposizioni non legali, il defunto ha lasciato la volontà di essere cremato o di essere seppellito in un determinato luogo, per quella parte specifica lo scritto ha valore testamentario.
Possono poi esserci delle affermazioni che chiedano ai familiari di riunirsi, magari, per una determinata festa: in questo caso il valore testamentario c’è solo se alla richiesta è legata una condizione per entrare in possesso dell’eredità.
I documenti scritti, quindi, che contengono solo raccomandazioni possono essere ignorati dagli eredi.
Non sono validi, inoltre, testamenti in cui vengano lasciati tutti i debiti del defunto ad un solo erede (che potrebbe, in ogni caso, rifiutare l’eredità).
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