Sappiamo che cresce senza sosta da 26 anni, guadagnandosi la palma di economia in salute più longeva al mondo in epoca recente. E, tuttavia, non sempre è tutto oro quello che luccica. Parliamo dell’Australia, che l’ultima recessione l’ha vissuta quando ancora era in piedi l’Unione Sovietica. Questo immenso paese, il cui territorio è grande 25,5 volte l’Italia, vanta un pil pro-capite di circa 50.000 dollari all’anno per i suoi abitanti, tra i più alti al mondo. Segno di un benessere, che viene confermato anche dalle classifiche internazionali sulla libertà economica, che vedono Canberra attestarsi sempre nelle primissime posizioni.
Per capire quanto potenzialmente rischioso sia tale fenomeno, si consideri che il valore degli immobili nel paese è arrivato al record di 7.300 miliardi di dollari locali, pari a 5.600 miliardi di dollari USA, corrispondenti a oltre 4 volte il pil. Né il mercato immobiliare USA, né quello nel Regno Unito hanno mai raggiunto simili proporzioni. Al momento, il rapporto risulta poco più di 1,5 in America e a 3 nel Regno Unito. Poco sotto a 4 sta la vicina Nuova Zelanda, segnale che la bolla immobiliare avrebbe attecchito per svariate ragioni proprio nell’Oceania.
Qual è la preoccupazione alla base? Se qualcosa andasse storto, com’è accaduto nel 2007 con un milione di famiglie americane, impossibilitate a ripagare i mutui “subprime” accesi negli anni in cui i tassi erano più bassi, rischia di venire giù l’intera economia. Lo abbiamo visto proprio con la crisi finanziaria USA, che dilagò a macchia d’olio in pochi attimi sui mercati finanziari di tutti il mondo, con conseguenze drammatiche di cui ancora oggi paghiamo il conto persino noi italiani, ad esempio, pur vivendo a oltre 10.000 km di distanza da New York.
Famiglie australiane molto indebitate
E che le famiglie australiane possano anche non essere in grado con futuri rialzi dei tassi di ripagare il mutuo non è scenario così impensabile, se si considera che attualmente risultino tra le più indebitate al mondo, anzi seconde a quelle svizzere, con passività pari ad oltre il 120% del pil, quando in Italia si supera a stento il 40% e pur nella spendacciona America non arrivano all’80%. In rapporto ai redditi, i prestiti alle famiglie ammontano a 6 volte tanto e le rate incidono ormai per la metà, dopo avere pagato le tasse. La ragione alla base di queste enormi esposizioni di banche e famiglie la si coglie in un altro dato, quello relativo alla crescita dei prezzi delle case dal 2000 al 2016: +210% in Australia, superato solo dal Sudafrica, contro il +175% nel Regno Unito e il +125% negli USA. In altre parole, senza nemmeno tenere conto degli aumenti di quest’anno, dall’inizio del Millennio, i prezzi delle case australiane sono mediamente più che triplicati. (Leggi anche: Prezzi case raddoppiati in Australia dal 2009)
Si capiscono meglio i numeri negativi pubblicati da Hsbc nella primavera scorsa, secondo cui solo il 28% dei “millenials” australiani (giovani tra 19 e 36 anni) possiede una casa, percentuale inferiore alla media mondiale. E ben l’83% di questa fascia di età vorrebbe comprare casa entro i prossimi 5 anni, anche se appena il 17% avrebbe un budget a disposizione allo scopo. Questi dati segnalano la frustrazione tra i più giovani, impossibilitati nell’acquistare un immobile, a causa essenzialmente, per quasi i due terzi dei casi, dei bassi salari o degli alti prezzi, che è un po’ la stessa cosa.
Case più piccole, ma da sogno in Italia
E con il boom, sta cambiando anche il modo di vivere degli australiani, che posseggono tra le case più grandi al mondo, seconde solamente a quelle degli americani. Parlando di case indipendenti, se 30 anni fa erano mediamente di 170 metri quadrati, nel 2017 risultano arrivate a ben 233 metri, spazi che in Italia ci sogneremmo. Tuttavia, includendo anche appartamenti, case di città e quelle a schiera, si scende ad “appena” 190 metri quadrati, un dato in calo costantemente dal 2008, risultato tra dimensioni degli appartamenti ai minimi da 20 anni e quelle delle case singole ai massimi da 4 anni.
Per fortuna, ci sono sempre le buone notizie per gli australiani. Una di queste riguarda il basso tasso di disoccupazione, sceso al 5,4%, a fronte di un’inflazione ancora all’1,8%. Per questo, all’inizio del mese la Reserve Bank of Australia ha potuto tenere i tassi ai minimi storici dell’1,50%, un livello che continua ad attestarsi a livelli ben superiori a quelli praticamente azzerati presso quasi tutte le altre economie avanzate e persino rispetto agli USA, pur per poco forse. Il dollaro australiano si è così rafforzato del 10% contro il dollaro USA quest’anno, cosa che concede al governatore Philip Lowe tempo prima di varare una stretta. Ne consegue che la bolla immobiliare non dovrebbe essere a imminente rischio di esplosione e che con misure micro-prudenziali appropriate si potrebbe gestire al meglio la transizione verso una fase di ripiegamento non drammatico dei prezzi delle case. (Leggi anche: Bolla immobiliare nuova minaccia globale)
Il monito dell’authority alle banche australiane
Qualche giorno fa, l’authority bancaria ha ammonito il settore sui rischi di un elevato indebitamento delle famiglie per l’acquisto di una casa, invitando le banche a prestare particolare attenzione al cosiddetto “surplus per i bassi redditi”, ovvero a quello che rimane ai clienti con redditi bassi, una volta pagati i debiti e le altre spese. Il presidente Wayne Byres spiega, infatti, che queste sarebbero le fasce della popolazione più colpite nel caso di shock, per cui bisognerebbe stare in allerta, affinché tali surplus siano congrui per resistere a eventuali condizioni avverse.
L’authority ha stabilito anche che i mutui solo interessi (“only interest”) dovrebbero non superare il 30% dei nuovi prestiti, anche se di recente sono diminuiti del 7% a 36 miliardi di dollari locali, una percentuale che vale pur sempre il 3% del pil australiano. I mutui solo interessi sono prestiti concessi alle famiglie per l’acquisto di un immobile e che prevedono per un certo numero di anni il pagamento solo degli interessi con le rate, mentre la restituzione del capitale inizia in una fase successiva. In altre economie, come la Danimarca, tali mutui si sono mostrati assai rischiosi, perché trascorrendo anche spesso un decennio prima di iniziare a pagare interamente la rata, le famiglie spesso subiscono un forte deterioramento delle condizioni finanziarie, non mostrandosi più in grado di affrontare i pagamenti pieni e colpendo così le banche erogatrici. Nel caso specifico, chi avesse contratto mutui di questo tipo e a tasso variabile rischierebbe in futuro di subire un aggravio della rata sia per la restituzione del capitale, sia pure per l’aumento dei tassi, che prima o poi farà il suo arrivo anche in Australia. (Leggi anche: Picco in Danimarca dei mutui only interest)