Ci pensereste mai che sia possibile fare il pieno al SUV con appena 2 centesimi di dollaro o euro (vale lo stesso)? Eppure, non è un sogno, nonostante il prezzo del petrolio sia salito ai massimi da due anni e mezzo, puntando a 67 dollari al barile. Non fatevi illusioni, perché non accade in Italia, come ben sappiamo. Nel paese con le maggiori riserve di greggio al mondo, tuttavia, succede anche questo. E’ il Venezuela di Nicolas Maduro, dove un litro di benzina senza piombo costa ufficialmente 6 bolivares, che al cambio fisso sarebbero 60 centesimi di dollaro, ma considerando che sul mercato nero un dollaro vale attualmente più di 112.000 bolivares, parliamo di un prezzo praticamente nullo e che per ammissione della compagnia petrolifera statale PDVSA, non coprirebbe nemmeno il costo.
E così, a costo zero puoi fare benzina nel paese andino. Tutto bene, se non andasse tutto male. In effetti, siamo alla pura teoria, perché la realtà diventa ogni giorno più crudele e bizzarra per i quasi 32 milioni di venezuelani. Già, perché il paese sta accusando un duro colpo alla sua produzione interna, scesa in ottobre a 1,9 milioni di barili al giorno, quando nel 1999, anno dell’arrivo di Hugo Chavez alla presidenza, si sfioravano i 4 milioni. E dire che allora lavoravano alle dipendenze di PDVSA un terzo degli attuali addetti.
Meno petrolio estratto, quotazioni quasi dimezzate rispetto al 2014 e parte delle estrazioni vincolate al pagamento del debito contratto con alleati come Cina e Russia, nonché per rifornire a costi quasi nulli una dozzina di paesi amici latino-americani, stretti dall’accordo Petrocaribe di oltre un decennio or sono. Risultato? Nonostante le riserve di 300 miliardi di barili, il petrolio non basta e rappresentando il 96% delle esportazioni totali, serve razionarlo. E così, in cinque stati principali del Venezuela, esclusa Caracas, è stato imposto un tetto massimo di 30 litri erogabili per ciascuna automobile, 5 litri per un motociclo.
Mercato nero della benzina
Sempre che di carburante alla stazione di servizio se ne trovi. Persino alla mezzanotte di Natale sono state pubblicate immagini di decine di automobilisti in fila davanti alle pompe, nel disperato tentativo di non restare a secco. In effetti, la stessa PDVSA ha stimato che nel recente passato sarebbe stato contrabbandato mediamente carburante per 60.000 barili al giorno tra Venezuela e Colombia. In questo secondo stato, infatti, il prezzo della benzina risulta sopra un dollaro al litro, ovvero a livelli normali, considerando le quotazioni internazionali, per cui vale la pena sottrarlo agli automobilisti venezuelani, ai quali verrebbe venduto in perdita, per offrirlo a quelli colombiani. E così è nato un mercato nero persino della benzina, venduta illegalmente al 5.000% in più rispetto ai listini ufficiali, ma con rincari che sono arrivati, secondo alcune testimonianze, a oltre +83.000%. In pratica, se vuoi guidare senza rischiare di rimanere a piedi, devi pagare.
Ennesimo paradosso di un’economia, che sta arrampicandosi sugli specchi per cercare di resistere a una crisi ogni giorno più violenta. Secondo diverse ricostruzioni della stampa estera, ormai i prezzi persino di visite mediche vengono imposti direttamente in dollari, nonostante sia vietato per legge. Ragionare in valuta locale non avrebbe senso nemmeno per i consumatori, visto che richiederebbe un aggiornamento praticamente di ora in ora. L’iperinflazione sta divorando i salari, con quelli minimi legali alzati di recente a 465.000 bolivares al mese, pari solamente a circa 4 dollari, un ventesimo di quanto sarebbe necessario per una famiglia per acquistare solamente lo stretto necessario per mangiare.
Il punto è che nessuno qui ha dollari, perché non solo scarseggiano, ma costano un occhio della testa. Gli stipendi vengono erogati in bolivares, mentre i prezzi sono fissati ormai in valuta straniera.