La rivoluzione di Gucci, il marchio del lusso italiano che spopola tra i giovani

Il successo di Gucci si deve ai giovani. Il marchio del lusso italiano smentisce il pensiero comune per cui i "millenials" sarebbero poco interessati ai "luxury brands".
7 anni fa
3 minuti di lettura

Le azioni Kering sono salite di quasi l’86% nell’ultimo anno, sostenute dalla forte crescita dei ricavi del gruppo, che possiede marchi come Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta e PUMA. Il boom in borsa è legato alla crescita a doppia cifra del fatturato negli ultimi trimestri, con vendite cumulate per 11,2 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2017, trainate proprio da Gucci, che ha rappresentato il 39% (4,4 miliardi) del totale e il cui brand è stato valutato lo scorso anno in 12,7 miliardi di dollari.

L’aspetto più interessante di questo balzo nelle vendite risiede nel fatto che il 50% di esse si devono grazie ai cosiddetti “millenials”, ovvero i giovani di età pari o inferiore ai 35 anni. Per Yves Saint Laurent, la percentuale sale, addirittura, al 65%. Una secca smentita, dunque, a quanti sostengono che i brand del lusso non attirerebbero la clientela più giovane, disinteressata allo sfoggio e priva di mezzi per potervi puntare. (Leggi anche: Mercato diamanti in ripresa grazie ai giovani)

E le prospettive appaiono rassicuranti, se Bain & Co ha stimato un aumento del 6% del fatturato globale nel settore del lusso per lo scorso anno, salito a 262 miliardi. Gucci sta sfruttando al meglio il trend positivo del mercato, partendo dallo svecchiamento d’immagine del passato e puntando proprio sui giovani, grazie anche a una strategia di marketing molto social. Oggi, i modelli del marchio italiano del lusso sono indossati da celebrità come Rihann e Brad Bitt.

Gli stores Gucci sono 580 in tutto il mondo e sono stati letteralmente reinventati dal ceo Marco Bizzari e dal direttore creativo Alessandro Michele, che possono essere considerati i veri fautori della svolta e del rilancio del marchio negli ultimi anni. Lo store è stato pensato per coniugare l’esperienza dell’acquisto con la piattaforma digitale, proprio per venire incontro alle preferenze della clientela più giovane, che si fa guidare dal contenuto, dalle emozioni e dai legami personali.

Il lusso sbarca sui social

Gucci sfrutta molto i social e, in particolare, Instagram con ben 20,3 milioni di followers a seguire le foto postate. Grazie a questa strategia, oggi è diventato il brand ad avere aumentato più di tutti la sua quota di mercato negli ultimi 5 anni, passando dall’11,8% del 2013 al 14,5% del 2017. Non tutti hanno avuto la stessa fortuna. Prendiamo un altro marchio del lusso italiano, Prada: è passato dal 10,9% al 7,1% nello stesso periodo. E il trend favorevole a Gucci e sfavorevole a Prada dovrebbe confermarsi anche quest’anno, con UBS a stimare un aumento delle vendite dell’8% per il gruppo Kering e del 3% per la rivale.

I social non spiegano del tutto il successo di marchi come Gucci nel mondo che cambia. Un altro ingrediente fondamentale è la velocità. E qui, sta forse una delle più grandi rivoluzioni della moda di alta gamma. Il “dream team” Bizzarri-Michele si è rivelato perspicace nel capire che con il diffondersi della cosiddetta “fast fashion”, tramite marchi come Zara e H&M, i ritmi sono accelerati sul mercato. Non è più possibile per una casa di moda fossilizzarsi solo sulla presentazione dei modelli legati alle collezioni autunno/inverno e primavera/estate; servono nuovi modelli lungo tutto l’anno, per cui bisogna ridurre i tempi che vanno dall’ideazione alla produzione e alla successiva presentazione al mercato. (Leggi anche: Tendenze moda autunno 2017)

Collezioni più veloci

Anche per questo, Gucci sta aprendo una nuova sede in Italia da 35.000 metri quadrati, il cosiddetto Art Lab, in cui produrrà scarpe e pelletteria. Obiettivo: avvicinare la produzione al mercato di sbocco e velocizzare i tempi di vendita dei nuovi modelli. Si pensi che il ciclo medio ad oggi per ideare, produrre e dopodiché vendere un modello è di 18 mesi, tempi biblici per il mondo del 2018.

Per velocizzare il tutto, gli investimenti tecnologici appaiono sempre più indispensabili, anche al fine di minimizzare le inefficienze.

Gucci sta avendo il merito di sfatare il mito dei giovani disinteressati al lusso, cosa che i dati smentiscono e non solo sul fronte della moda, bensì pure dei diamanti. Al contrario, serve parlare il loro linguaggio per mettersi al passo con i tempi, perché in effetti i “millenials” una differenza rispetto ai loro genitori la presentano: non sono così fedeli al marchio, se non lo trovano più di interesse, cambiano. A dicembre, due marchi della moda internazionale hanno subito un tonfo in borsa un po’ per la stessa ragione, pur appartenendo a due target diversi: Salvatore Ferragamo e H&M. Entrambi starebbero pagando l’essere poco social e l’avere puntato troppo poco sull’e-commerce, che Gucci, invece, sta sfruttando molto. A dimostrazione che, oggi come oggi, non importa se vendi abbigliamento di lusso o a pochi euro; se non trovi i canali e il linguaggio giusti, fai passi indietro. E il blasone in sé conta sempre meno. (Leggi anche: Commercio elettronico manda in crisi l’abbigliamento: crollano Ferragamo e H&M)

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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