E’ una notizia dirompente quella che è stata da poco svelata dal fondo americano Bridgewater, che sulla base delle comunicazioni obbligatorie sulle sue posizioni corte nella UE, ha reso noto di avere scommesso tra gennaio e febbraio almeno 22 miliardi di dollari contro una trentina di grandi aziende europee. A tanto ammontano le posizioni “short”, ovvero la vendita di azioni allo scoperto, che in finanza segnalano una scommessa ribassista, l’aspettativa di chi la effettua di un prossimo calo dei prezzi. E, in realtà, la puntata contro le multinazionali d’Europa potrebbe essere più alta; semplicemente i 22 miliardi dichiarati sono quelli relativi alle posizioni eccedenti la soglia di capitale, oltre la quale scatta l’obbligo di comunicazione.
Non sappiamo nemmeno quando siano state accese tali posizioni, perché tra gennaio e febbraio formalmente sono state superate le soglie massime relativi agli obblighi di segnalazione. Una cosa è, invece, certa: la scommessa ribassista riguarda tutta l’area e stavolta non esclude nemmeno il cuore dell’Eurozona. Contro i colossi tedeschi risultano puntati 7,3 miliardi, un terzo del totale, contro quelli francesi altri 4,5, mentre la Spagna se la cava con 1,7 miliardi e contro l’Italia si hanno altri 2,5 miliardi e tra le 30 più grandi, le italiane nel mirino di Bridgewater sono Intesa-Sanpaolo (830 mln), Enel (700 mln), Eni (650 mln), Unicredit (390 mln). Oltre un miliardo, invece, la scommessa ribassista contro la francese Total e per la tedesca Siemens sono in ballo altri circa 950 milioni.
Il fattore cambio
Ma precisamente contro cosa starebbe avvenendo la scommessa di Ray Dalio, il fondatore di Brigdwater, specializzato nell’analisi di dati macro e non nell’assunzione di posizioni individuali? Proprio per questa peculiarità del fondo, si esclude che in gioco vi siano le singole realtà multinazionali. Si fa notare, ad esempio, come le aziende “shortate” siano componenti dell’Eurostoxx, ovvero sembra che il fondo stia scommettendo, in generale, contro l’azionariato europeo.
Esistono diversi livelli di ragionamento possibili e tra loro nemmeno alternativi. Da un lato, molte di queste aziende sono multinazionali con una quota elevata di ricavi in altre economie. Ad esempio, Airbus fattura in Europa per meno di un terzo. E Moncler detiene gran parte del suo business in Asia. La stessa Unilever, la più “shortata”, realizza la maggior parte dei suoi ricavi fuori dal nostro continente. Se questo è vero, allora potremmo sospettare che Dalio stia prevedendo un deterioramento della congiuntura europea, come conseguenza del rafforzamento del cambio euro–dollaro, ormai in sosta a poco sotto 1,25. Una moneta unica più forte colpisce le esportazioni dell’Eurozona, da qui spiegata la scommessa ribassista.
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L’instabilità tedesca
Tuttavia, potrebbe esserci altro. Francia e Germania rappresentano l’asse attorno al quale ruota tutta la UE e, in particolare, l’Eurozona. Sarà un caso, ma dei 22 miliardi puntati, Bridgewater ne ha dirottati oltre la metà proprio contro aziende tedesche e francesi, segno forse che la sfiducia riguarderebbe il futuro dell’area e delle istituzioni comunitarie. E qui, veniamo a questioni più politiche. L’euro sembra solido come prima della crisi, i rischi di rottura percepiti sono ai minimi da anni e gli scenari peggiori sembrano alle spalle. Ma proprio quando tutto sembrava andare per il verso giusto, a guastare la festa ci pensa niente di meno che la Germania.
La cancelliera Angela Merkel esce profondamente indebolita dalle lunghe trattative con i socialdemocratici per la formazione del suo quarto governo. Nonostante abbia dovuto cedere i ministeri più importanti agli alleati, tra cui quello delle finanze, non è nemmeno detto che riuscirà nell’intento. La base dell’SPD vota in questi giorni sull’accordo e tra i 464.000 elettori serpeggiano profonda rabbia e frustrazione per l’appoggio ormai costante del partito ai governi di centro-destra.
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Il timore per il rialzo dei tassi BCE
Non sembrano le condizioni ideali per ipotizzare stabilità politica nel cuore dell’Europa, adesso che servirebbe mettere mano al funzionamento di Bruxelles e dell’euro. A Berlino regna il caos, mascherato dall’apparente calma teutonica, mentre l’Italia tra pochi giorni rischia di ritrovarsi senza un governo.
Infine, è possibile che nella scommessa di Dalio rientri anche la previsione di turbolenze nell’area con l’uscita della BCE dal “quantitative easing” e il lento avvio della normalizzazione monetaria. In fondo, se la tempesta finanziaria contro la periferia dell’Eurozona si è calmata e tradotta in un insperato innamoramento dei mercati, lo si deve proprio all’azzeramento dei tassi e al conseguente crollo dei costi per il rifinanziamento dei debiti sovrani, che ha fatto respirare i governi nazionali e le loro casse negli ultimi anni. Cosa accadrà, quando si tornerà a pagare di più per emettere il nuovo debito? Tutte grandi incognite, che diventano ancora più temibili con la grande scommessa di Brigdewater.