Negli ultimi mesi, numerosi addetti ai lavori hanno pronosticato il fallimento di Tesla. Se prima, però, l’andare contro Elon Musk poteva sembrare un semplice diversivo, oggi su concetti quali fallimento, bancarotta ecc. ci si va con i piedi di piombo, soprattutto se il principale indiziato è il CEO di Tesla. In un interessante approfondimento del blog Lavoce.info (pubblicato da Il Fatto Quotidiano nella sezione Economia & Lobby), vengono presi in esame diversi motivi per cui il dissesto finanziario dell’azienda statunitense sia un rischio preso molto più seriamente dalla stampa e, in misura minore, dalle stesse persone che hanno un’ammirazione sconfinata per Musk.
Produzione ferma e non solo
Punto numero 1: la produzione è ferma. Tanto il titolo Tesla correva in borsa, quanto le promesse di Elon Musk sul raggiungimento di determinati valori nella produzione di auto venivano evase. Entro il 2018, ad esempio, si sarebbe dovuto raggiungere il numero di 500 mila unità prodotte, cifra che oggi fa sorridere se consideriamo che, nei giorni scorsi, Tesla ha dovuto richiamare 123.000 Tesla Model S, ovvero quelle che l’azienda era riuscita a produrre prima del mese di aprile di due anni fa (2016, ndr), a causa di un problema ai bulloni del servosterzo.
E’ davvero allarme rosso per Elon Musk?
Inoltre, ha generato una marea di polemiche e allarmismi in tutto il mondo l’incidente che ha coinvolto una Model S e il suo conducente, rimasto vittima di uno spaventoso sinistro stradale mentre sulla vettura – questa è la tesi almeno per il momento – era attivo l’Autopilot, un sistema che non equivale alla guida autonoma e su cui potrebbe schiantarsi definitivamente il sogno dell’azienda di Elon Musk. Nel frattempo, anche la corsa in Borsa si è arrestata: da un mese a questa parte, il titolo ha perso qualcosa come il 25 per cento del proprio valore.
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