Uniqlo sbarca a Milano. L’Italia sta accogliendo a braccia aperte le catene internazionali, segno di un’apertura verso i marchi globali. In precedenza era stata la volta di Starbucks, la nota caffetteria internazionale, che per la prima volta ha debuttato a Milano nel settembre scorso e ora si appresta ad aprire nuovi punti vendita sempre nel capoluogo lombardo, per poi spiccare il volo nelle altre grandi città italiane.
Il fast fashion di Uniqlo arriva in Italia
Ora, dopo Starbucks, arriva anche Uniqlo, il celebre marchio di abbigliamento giapponese fast fashion che ugualmente debutterà a Milano, a Piazza Cordusio, dove già sorge Starbucks.
Tadashi Yanai, fondatore e presidente di Uniqlo, ha così manifestato il suo entusiasmo per il prossimo debutto in Italia: “Siamo estremamente onorati e orgogliosi di entrare nel mercato italiano nel 2019. La spettacolare posizione del negozio e il nostro concetto LifeWear, basato sulla creazione di abiti che soddisfino le esigenze dello stile di vita di tutti, ci fa sperare che il pubblico di Milano e dei suoi visitatori accolga Uniqlo e lo faccia diventare parte integrante del suo quotidiano”.
Zara e le altre ora tremano?
La storia del marchio e del gruppo Fast Retailing (che comprende anche Comptoir de Cotonniers, GU, J Brand, Theory e Princess tam tam) inizia nel 1949 a Ube City dal negozio per uomo Ogori Shoij. Nel 1984 è nato Uniqlo che offre collezioni per donna, uomo e bambini caratterizzati da uno stile minimal e da tessuti tecnici. Il punto di forza è sicuramente il prezzo e qui si potrebbe aprire una parentesi sui ricavi fiscali del gruppo che, come scrive Il Sole 24 ore, nel 2018 ha chiuso con 19,17 miliardi di dollari.
Uniqlo aprirà nell’autunno 2019, la data è slittata a causa dei lavori di ristrutturazione ancora non terminati nel palazzo che ospiterà il mega store. In precedenza si era parlato invece della primavera 2019. La sfida alle catene di abbigliamento low cost come Zara e H&M sembra aperta, seppur con stili del tutto diversi saranno i prezzi fast a dare del filo da torcere agli altri marchi che della moda low cost hanno fatto un’istituzione tra giovani e meno giovani.
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