Petrolio in recupero anche oggi sui mercati, con il Brent a tornare in area 63 dollari al barile e il Wti americano a 54 dollari, dopo che la settimana scorsa le quotazioni risultavano scese rispettivamente sotto i 58 e i 50 dollari. Resta il crollo rispetto a due mesi fa, quando per un barile di Brent occorrevano più di 86 dollari, il livello più alto da 4 anni. Per i consumatori, non necessariamente solo automobilisti, una buona notizia, perché come notiamo dal grafico di cui sotto, greggio in calo equivale sostanzialmente a una decelerazione dell’inflazione, ovvero a un indebolimento della crescita dei prezzi.
A rigore, va detto che le quotazioni del petrolio potrebbero diminuire o salire, senza che ciò impatti in alcuna direzione l’inflazione nell’Eurozona, essendo espresse in dollari. Bisogna, infatti, valutare l’andamento del Brent in relazione al cambio euro-dollaro. Convertendo i prezzi in euro, sulla base dei tassi di cambio vigenti mediamente di anno in anno, troviamo risultati del tutto simili a quelli mostrati dal grafico precedente:
Questo andamento sostanzialmente identico tra quotazioni in dollari e quotazioni in euro rispetto all’inflazione nell’Eurozona ci spinge a indagare meglio il legame tra quotazioni internazionali (in dollari) del petrolio e cambio euro-dollaro. Notiamo quanto segue: brusche variazioni dei prezzi del greggio sono accompagnate da variazioni altrettanto importanti del cross valutario tra le prime due valute mondiali. Quando il petrolio crolla di prezzo, il dollaro tende a rafforzarsi contro l’euro e, viceversa, quando s’impenna, il dollaro tende a perdere quota piuttosto nettamente contro la moneta unica.