A quanti giorni di malattia l’anno ha diritto un lavoratore? A ridosso delle vacanze natalizie e di fine anno ci scrivono diversi lettori per conoscere come funziona il calcolo dei giorni di malattia l’anno. Il limite massimo è universale per tutti oppure dipende dal tipo di contratto? Facciamo chiarezza.
Ammalarsi è un diritto del lavoratore
La regola generale vuole che sia riconosciuta l’indennità di malattia al lavoratore ogni qual volta che si verifica un evento morboso che gli impedisca a questo di svolgere le mansioni per le quali è stato assunto, purché confermato da certificato del medico curante.
Dopo quanti giorni di malattia è ammesso il licenziamento?
Detto questo però è anche vero che subentra l’interesse del datore di lavoro allo svolgimento dell’attività e alla produzione. Tecnicamente con il termine di periodo di comporto ci si riferisce proprio al numero di giorni massimo di malattia ammessi durante l’anno, dopo i quali può scattare il licenziamento per giusta causa. Il numero di giorni di malattia previsti può variare in base alla categoria di lavoratore quindi si consiglia di consultare il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro della propria categoria.
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Il lavoratore che supera il periodo di comporto, perde il diritto all’indennità riconosciuta dall’INPS.
Va segnalato, però, che se la malattia dipende da un comportamento negligente o illegittimo da parte del datore di lavoro (ad esempio in caso di mobbing), le assenze non rientrano nel computo del comporto. Non si conteggiano neppure le patologie relative ad una gravidanza o ad un infortunio causato dal datore di lavoro.
Il periodo di comporto inoltre viene sospeso dalle ferie durante la malattia, anche se l’azienda non è tenuta a concederle.
Come controllare i giorni di malattia fatti?
Non sempre ci si segnano le assenze saltuarie per malattia. Come può il lavoratore sapere quanti giorni ha usato? Sul sito dell’Inps, accedendo con le proprie credenziali personali, si possono facilmente recuperate i certificati medici inviati telematicamente. E’ inoltre consigliabile chiedere un raffronto con i dati che risultano al datore di lavoro e in azienda.