Mercato del lavoro in Italia e i suoi mille problemi: le opinioni dei lettori

Disoccupazione, precariato, assenza di garanzie e molto altro. Il mercato del lavoro visto dalla parte dei lettori.
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6 anni fa
9 minuti di lettura
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Nelle ultime settimane si è parlato molto della mancanza di lavoro in Italia, un problema per molti giovani costretti, spesso, a trasferirsi all’estero per avere un occasione. Il tarlo del mercato del lavoro italiano, però, riguarda anche chi non è più giovanissimo e non solo i cosiddetti millennials. Il lavoro nero, lo sfruttamento, la mancanza di garanzie e la precarietà appaiono come grandi punti interrogativi anche per chi ha più di 34 anni.

Mercato del lavoro e tutti i suoi problemi

Di recente ha fatto discutere la notizia di un imprenditore che cercava un barista per lavorare 14 ore al giorno con una paga da mille euro.

Subito dopo, viste anche le polemiche sorte intorno all’annuncio choc, l’offerta era stata modificata e le ore erano diventate 8 e non più 14. Questo è solo uno degli esempi limite di un mercato italiano dove la crescita sembra azzerata e le difficoltà enormi. Allo stesso tempo ci sono imprenditori spesso pronti ad assumere ma in difficoltà a trovare personale. La maggior parte delle volte si da la colpa alla scuola che non è in grado di educare e offrire le giuste competenze, altre volte la responsabilità viene data ai giovani incapace di adattarsi alle iniziali retribuzioni più basse che si scontrano con le loro aspettative. Basti pensare che secondo gli ultimi dati dell’Ocse il 40% dei lavoratori non sono compatibili con le qualifiche del loro impiego.

Leggi anche: Lavoro che non si trova, l’amaro sfogo di un lettore: ‘Chi è che non ha voglia di lavorare?!’

Le opinioni dei lettori

Abbiamo ricevuto molte testimonianze di giovani e non solo, che hanno voluto dirci la loro opinione su quello che è il mondo del lavoro oggi, visto dal lato di chi lo cerca: 

1)”La mia conoscenza del mondo del lavoro è abbastanza limitata ma alcune esperienze vissute in prima persona sebbene non siano rappresentative di tutto l’universo degli ambienti lavorativi rappresentano una fetta consistente, reale ed attuale di un mal costume ampiamente diffuso nel mondo del lavoro qui al sud (ma negli ultimi, purtroppo, non solo al sud ma anche in alcune realtà del nord Italia).

L’altra volta ho solo vagamente accennato ai famosi 80€ di Renzi. Vi spiego: Dopo i primi 3-4 mesi di lavoro, chiedo al titolare con un certo tono da ” ignaro”, di aver letto una voce in busta paga ” Credito Irpef art. 1 d.l. 66/2014. Questi mi sembrano i c.d. 80€ “di Renzi”. Il soggetto risponde di non essere a conoscenza di non saper nulla e che avrebbe chiesto al consulente del lavoro di riferimento dell’azienda e che se così fosse stato me li avrebbe corrisposti. Passano un paio di settimane e chiedo se si fosse informato. Lui mi risponde che nonostante il consulente fosse venuto in azienda, purtroppo gli passa di mente e quindi non ha potuto appurare il fatto. Ne parla con il socio, dirigente come lui, nonché rappresentante legale dell’azienda (alla mia presenza), dicendo che non appena ritorna il consulente in azienda glielo dovrà chiedere, perché se così fosse si provvederà a corrispondere tale cifra. Il socio ascolta, ma non risponde nulla. Dopo più di un mese, nonostante la visita del suddetto consulente (durante il quale sono stato fortemente tentato dal dirgli : ” perché non spieghi alla signora il significato di questa voce che parla dei famosi 80 euro? Per evitarle una figuraccia non dico nulla, sperando in buona fede, che gliene avrebbe parlato, dato che lei diceva sempre che ogni cosa che dice il fratello non si discute…. ). Dopo un po’ di giorni rifaccio la domanda alla signora, il socio dirigente di cui sopra. Lei molto “furbescamente”, risponde che io di questi 80€ non so nulla.

Aggiunge: “chiedi tu stesso al consulente aziendale”. Il consulente, come ambasciator che non porta pena, aveva già precedentemente spiegato che la voce in busta paga si riferisce ai famosi 80 euro, ma per ora tutto resta invariato. La signora, che dietro esplicita richiesta, con un’espressione del viso (cambiò letteralmente colore del volto), mostrò chiaramente che non aveva voglia di pagare “perché doveva risparmiare” (il virgolettato ovviamente non sono parole sue), mostrò con questo gesto la bassezza della miseria umana, che può avere una persona ultrasessantenne che si relaziona in questo modo verso un proprio dipendente. Ormai, avendo capito, il gioco dei due soci titolari e dirigenti l’azienda (il primo dei quali, all’inizio mi sembrava sincero, … ) ho continuato a lavorare, senza parlare più del argomento ( che aveva stancato me, figuriamoci loro!).

Premesso che tutti i benefit presenti in busta paga erano tali solo sulla carta e che di cose ” strane” (per dirla con un eufemismo), peggiori di quelle menzionate, se ne sono viste, in pochi mesi, in quantità, come si fa a dire che: il lavoro c’è,  ma la gente non ha voglia di lavorare? Attenzione! Qui si parla di un’azienda che fattura milioni di euro all’anno e non di chi fa fatica ad arrivare a fine mese. Parliamo di utili che non rappresentano quanto realmente ottenuto pro-quota in un anno, per tanti motivi, non ultimo una fetta di ricavi, formalmente destinata alla copertura dei costi del lavoro, ma che di fatto restano nelle loro tasche totalmente esentasse. Se io dichiaro di pagare 100 per salari e stipendi, ma di fatto il mio esborso è pari a 50, formalmente sostengo un costo maggiore, il mio reddito diminuisce e di conseguenza, dichiarando un utile inferiore diminuisce anche la tassazione. In questo caso però parliamo di Ires (ex Irpeg), perché per quanto concerne  l’Irap il costo del lavoro resta una voce che non può portarsi in deduzioni. Ad ogni modo con un solo atto, non solo si frodano i dipendenti privandolo di quanto gli è dovuto in base alla legge, ma si avrà con la stessa operazione maggior denaro nelle tasche personali dei soggetti in questione e contemporaneamente minor gettito fiscale.

Dunque, se mi è concessa l’osservazione, da un lato viene eroso il futuro di un lavoratore (perché gli 80 euro sarebbero stati versati, diversamente dalla legge attuale, secondo la legge previgente, a titolo di contributi previdenziali a nome del lavoratore mentre dall’ altro lato viene eroso anche il reddito attuale del lavoratore, che secondo il decreto su citato, avrebbe dovuto essere “sostenuto” dal provvedimento legislativo che prevede la predetta somma in busta paga. Spero di non essermi dilungato troppo. Tuttavia ci sarebbe da aggiungere il resto della storia dove c’è da considerare che al pari degli 80 euro, non mi sono state corrisposte le indennità di malattia, né di quando sono stato a casa, né tanto meno di quando sono stato ricoverato in Ospedale. ” Dulsis in fundo” un Tfr mai corrisposto.

Avrei da continuare questa storia per completezza di informazione e se volete potrei dirvi dettagli di altre esperienze lavorative, sia come colf, badante, operaio agricolo, operatore di Call center…. ogni esperienza è denotata da un modus operandi del datore di lavoro, sia esso un privato cittadino, che un imprenditore, che tratteggia una distorsione, se non in alcuni casi, un’estremizzazione, del basilare principio economico del maggior risultato col minimo sforzo perché non tiene conto di una minima responsabilità sociale del datore di lavoro il quale  ha calpestato e continua a calpestare i diritti basilari, sacri e che dovrebbero essere inviolabili, sanciti dalla Costituzione della Repubblica italiana”. 

 

2) “In italia si parla sempre di disoccupazione giovanile ma non si parla mai di quella degli over 35.

Io ingegnere di 45 anni sono venuto negli Usa ed ho trovato immediatamente lavoro. Non solo, mi si litigano tra compagnie. Certo per ora non nel mio campo però spero ancora di riuscirci. Dopo la laurea in italia ho conseguito due ulteriori specializzazioni tecniche ma le “lobby” non hanno considerato neanche questo.

Qui invece vali per quello che sei e sei ammirato se hai impiegato più tempo a laurearti perché ti sei pagato gli studi. In italia c’è ancora la mentalità dello sfruttamento e del sottobosco delle conoscenze. Conosco persone in posizione chiave che hanno trovato il famoso posto fisso anche alla mia età. Me ne sono andato disgustato anche se certo, mi manca la mia città e la mia famiglia. Anche nel resto del continente siamo più o meno allo stesso livello di gestione lavorativa. E’ meglio capire i meccanismi per cui il gestore del forno o gli imprenditori non riescono a trovare lavoratori. Vorrei che approfondisca l’argomento.

Il sistema è ancora legato purtroppo alle corporazioni….le quali decidono le sorti di ogni italiano. E si, ho scritto corporazioni perché dal medioevo sino ad OGGI non mi sembra sia cambiato nulla. Sono seriamente preoccupato per l’Italia e la sua incapacità di risalire la china e cambiare veramente, soprattutto perché chi noi votiamo e crediamo possa cambiare il modus vivendi rimane ancora attaccato al retaggio medievale e risorgimentale che ci ha reso una nazione. Rimaniamo una nazione di precariato per chi ha avuto un minimo di successo, di posti fissi per chi ha avuto una buona mano (e che non si faccia finta di niente su questo punto perché ho liste chilometriche di chi ne fa parte).

Siamo purtroppo un paese troppo giovane e con una mentalità molto molto arretrata….

Ai giovani suggerisco di imparare bene l’inglese e magari un’altra lingua per scappare dallo sfruttamento della loro preziosa opera.

ps: agli italiani ricordo che la guerra fredda ed il piano Marshall sono finiti da un pezzo e quindi non possono pretendere ancora l’assistenzialismo dello Stato che ha fatto arricchire chi, negli anni 50, 60 e 70 ne ha  fatto buon uso…

Saluti nostalgici dagli Usa.

 

3) In riferimento al fatto che le imprese non trovano lavoratori potrei scrivere un libro. Io sono disoccupata dal 99  licenziata perché avevo famiglia e un partime non me lo volevano dare , da allora il deserto occupazionale curriculum in ogni dove, ma avevo superato i 35 anni e due figli un guaio per le aziende, la risposta era sempre la stessa le faremo sapere, ho 57 anni e sto ancora aspettando.

Non ho mai ricevuto in questi anni una misera offerta ne dai centri per l’impiego ne dalle agenzie interinali a cui mi ero iscritta “figura professionale non sfruttabile perché capace di intendere e volere” avevo probabilmente scritto in fronte. E in questi anni ho assistito allo sfacelo dei diritti acquisiti faticosamente a favore dell’arrichimento solo di pochi e se i giovani non cominceranno a ribellarsi al sistema sarà la fine. Come pensano di rimettere in moto un’ economia dove 780 euro sono un miraggio e se hai bisogno di una consulenza in qualunque ambito quei 780 euro non bastano nemmeno per prendere un appuntamento, il potere d’acquisto è cosi  svalutato da rendere persino inutile cercare un lavoro. Come si può acquistare beni e servizi se la retribuzione non è adeguata al lavoro che si è chiamati a svolgere. Di chi la colpa di questo sfacelo, politica, finanziaria, europea o individuale, dei vari governi che negli anni hanno pensato ai tornaconti personali piuttosto che al benessere del paese sul lungo periodo, non bisogna essere geni per capirlo. Per cui capisco gli imprenditori che non trovano manovalanza perché non possono permettersi di pagarla perché il socio maggioritario che è lo Stato non ha capito una mazza sul come far funzionare un economia, 20 lauree alla Bocconi di certi economisti che sono stati al governo, e non sono stati in grado di capire che se annulli il potere d’acquisto non potrai mai fa ripartire i consumi “chi non ebis non potes dare”.

Per cui o si libera il potere d’acquisto togliendo le tasse sulle tasse che solo in Italia abbiamo. Uno stipendio di mille euro a una piccola azienda ne costa duemila, più deve fare fronte a una serie infinita di obblighi fiscali che non si sa nemmeno come abbiano fatto a inventarli se a fine anno riesce a risparmiare qual ‘cosa per le emergenze sarà tartassata pure per quello, di contro quel povero dipendente che deve vivere con i mille euro avrà 1 euro al litro di tasse solo sul carburante che usa per andare al lavoro se non ha la fortuna di poter andarci a piedi, non parliamo delle tasse per mantenere un auto, se ha una casa di proprietà con il mutuo altro salasso, le utenze obbligate con balzelli di ogni genere e l’iva dal 10 al 22% non serve nemmeno la calcolatrice per capire che se ti capita un imprevisto sei sotto un ponte chi te lo fa fare di ammazzarti di lavoro per finire per strada ci vai direttamente almeno sei riposato. Buon lavoro.

 

4) Salve, nel leggere l’articolo “ Lavoro che non si trova, l’amaro sfogo di un lettore: Chi è che non ha voglia di lavorare?!. “- in poche righe vorrei sottolineare come è verosimile che decine di aziende a mo’ di furbetti per non dire (truffatori) , retribuiscono i lavoratori a volte per la metà di quanto ti fanno firmare la busta paga. Purtroppo questa è una piaga che difficilmente potrà essere sconfitta in quanto a rimetterci sarà sempre il lavoratore. A tal proposito avrei da porre un suggerimento; considerato che per ogni lavoratore vi è l’obbligo della relativa denuncia UNILAV, perché non abilitare gli uffici INPS a retribuire a mezzo bonifico direttamente l’operaio, prelevando dall’azienda il relativo stipendio? In questo modo ci sarà certezza che quanto firmato in busta paga corrisponde a quanto percepito dal lavoratore. Spero di essere stato chiaro.

Cordiali saluti

 

5) In merito all’articolo sul mercato del lavoro vorrei poterle esporre la mia piccola opinione.

L’Italia è un paese che fonda il suo sviluppo economico su molte contraddizioni; è come se ad un casinò si giocasse su più tavoli credendo di rifarsi delle perdite di ogni partita con le vincite di altre.

Tornando nel merito ad oggi in pochi paesi industrializzati al mondo la forza lavoro (cioè le persone) viene studiata per ottenere la massima produttività possibile, invece odiernamente si crede ancora che il mercato del lavoro sia paragonabile al mercato di beni e servizi, con l’equivalenza lavoro offerta e lavoratori domanda.

In realtà il lavoro è la matrice dell’economia e del mercato, non un suo effetto, indi per cui il lavoratore o datore di lavoro sono l’uno il fattore dell’altro.

Infine è il reciproco approfittarsi dell’uno sull’altro che deprime l’economia, ad oggi non vi è nessun parametro economico che evidenzi la fiducia dei lavoratori verso il datore di lavoro e vice versa. Se solo per ipotesi un investitore potesse sapere quanta fiducia reciproca c’è all’interno di un azienda questo farebbe emerge i cicli economici prima e meglio.

Grazie dell’attenzione e cordialmente vi auguro buon lavoro.

 

 

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