Stasera, l’agenzia Standard & Poor’s comunicherà le sue decisioni sul rating dei titoli del debito pubblico italiano, valutati ad oggi “BBB” e “outlook” negativo, solo due gradini al di sopra del primo livello “junk” o “spazzatura”. Il mercato è in tensione da giorni, temendo il probabile declassamento di un gradino, che collocherebbe i BTp a un solo passo dall’essere considerati titoli speculativi. L’agenzia ha abbassato le stime di crescita per l’Italia nel 2019 ad appena lo 0,1% dal +0,7% di dicembre e per il 2020 prevede solamente un +0,6% dal +0,9% precedente.
Rating BTp, Fitch e l’impatto sui nostri titoli di stato
Ieri, lo spread BTp-Bund a 10 anni era salito fino a un massimo di 270 punti base, chiudendo la seduta appena sotto tale soglia. Oggi, il clima appare un po’ più disteso, con il differenziale ad attestarsi in area 264-65 bp e il rendimento decennale ad arretrare al 2,64%. In calo anche i biennali allo 0,58%, sebbene restino di gran lunga più alti dello 0,13% a cui erano sprofondati un mese e mezzo fa. L’aspetto meno rassicurante riguarda le distanze sempre meno visibili con la Grecia. I rendimenti del bond ellenico a 10 anni si attestano ormai a soli 65 bp al di sopra dei nostri, ai minimi da ben 10 anni, cioè a prima che esplodesse la potente crisi economica e finanziaria che ha travolto particolarmente Atene.
BTp più vicini ai “sirtaki” bond
Per contro, ad ampliarsi sono le distanze con la Spagna, i cui Bonos offrono sulla medesima scadenza appena l’1,07% e alla vigilia di elezioni politiche considerate potenzialmente incerte quanto alla capacità del nuovo Parlamento di Madrid di formare un governo sostenuto da una maggioranza.
Una nuova crisi dei BTp quante perdite infliggerebbe ai risparmiatori?
Negative per l’umore degli investitori sono le sempre più frequenti liti all’interno della maggioranza tra Movimento 5 Stelle e Lega e che riguardano sia i dossier economici, sia altri campi a un mese esatto dalle elezioni europee, il cui esito rischia di provocare una definitiva crisi dell’esecutivo. La tensione si coglie anche sul mercato dei “credit default swaps” a 5 anni, i titoli che assicurano contro il rischio sovrano. Oggi sono tornati a sfondare la soglia dei 200 punti base dopo due settimane, arrivando a 201,3 o 2,01%. Un loro rincaro segnala un aumento della domanda degli investitori per tutelarsi contro un possibile default, evidentemente scontando maggiori probabilità che l’evento creditizio avverso si verifichi entro un lustro. Si consideri che per assicurarsi contro un simile rischio sui Bund emessi dalla Germania si paghi oggi 11,7 bp o lo 0,117%, cioè quasi una ventina di volte in meno e che per la Grecia bisogna sborsare il 3,19%, -130 bp rispetto all’inizio dell’anno. Da allora, anche in questo mercato le distanze con l’Italia risultano più che dimezzatesi dai 240 ai 118 bp.