Ieri, un gruppo di creditori tedeschi, in possesso di titoli di stato della Grecia per 3 milioni di euro, ha perso la sua battaglia legale dinnanzi al Tribunale UE, a cui si era appellato dopo la ristrutturazione del debito pubblico ellenico, avvenuta nel 2012 e contro cui si era opposto. Gli obbligazionisti avevano chiamato in giudizio la BCE, rea a loro dire di avere avallato tale ristrutturazione con un parere favorevole chiesto dal governo di Atene. I giudici europei hanno sentenziato che l’istituto non avrebbe travalicato i suoi poteri con la concessione del parere favorevole e nemmeno vincolante, anche perché hanno riconosciuto il diritto degli stati di rivedere le condizioni contrattuali, nel caso in cui confliggessero con gli obiettivi di interesse generale.
Perché la Grecia ha emesso un bond a un terzo del suo valore di mercato?
La sentenza appare innocua in sé, mentre stabilisce quello che tutti in fondo sappiamo, ma che spesso ci ostiniamo a non considerare: i titoli del debito pubblico non sono così sicuri come tendiamo a credere. Negli ultimi decenni, casi espliciti di default presso le economie avanzate non se ne sono registrati e questo ci ha indotti a pensare che uno stato non possa mai fallire e che i rendimenti elevati di alcuni bond, tra cui i BTp, siano il frutto più di speculazioni finanziarie che non del reale rischio di credito sovrano in capo a chi li emette.
Ecco come la ristrutturazione del debito è possibile
Le cose stanno assai diversamente. E se anche le CACs con cui viene emessa buona parte dei bond sin dal 2013 preveda condizioni stringenti per ottenere la ristrutturazione dei titoli, tra cui il via libera dei creditori fino al raggiungimento del 75% degli aventi diritto, non pensiate di essere in una botte di ferro come “minoranza di blocco”.
Le sole famiglie italiane posseggono direttamente intorno al 5% dello stock, anche se presumibilmente saranno maggioranza per le singole emissioni di BTp Italia, trattandosi di un bond retail loro dedicato. Eccezioni, che confermano la regola. Sarebbe più facile convincere banche, assicurazioni e fondi ad accettare il taglio nominale dei bond e/o delle cedole, l’allungamento delle scadenze o la sospensione dei pagamenti per un determinato periodo, in quanto questi soggetti avrebbero modo di trovare compensazione su altri piani, come quello fiscale. In sostanza, il governo tratterebbe con controparti forti e al contempo con cui intavolare una discussione più ampia per minimizzare i danni a loro carico. Le famiglie, con i numeri minoritari di cui dispongono, assisterebbero passivamente al processo di ristrutturazione e probabilmente il loro parere sarebbe del tutto insignificante nella maggior parte dei casi.
Ristrutturazione debito possibile con le CACs, ecco cosa rischia l’investitore in BTp
Tutto questo ci porta a guardare con occhi diversi agli spread, ai rendimenti e ai rating. Improvvisamente, diventano non più contorni di una finanza votata alla quotidiana speculazione dissennata, quanto parametri di cui tenere in debito conto per non fare la fine dei creditori tedeschi di cui sopra, i quali si sono appigliati a un giudice per farsi dire quello che, in cuor loro, già forse sapevano, cioè che quando compri il debito altrui, non puoi pretendere che te ne sia garantita l’integrale restituzione e alle scadenze pattuite, altrimenti concetti come il premio al rischio sarebbero roba teorica.