Sarà il magnate franco-israeliano delle telecomunicazioni Patrick Drahi il nuovo proprietario di Sotheby, a seguito dell’offerta da 3,7 miliardi di dollari lanciata nei giorni scorsi, di cui 2,66 miliardi cash, pari a 57 dollari per azione, per un premio di oltre il 56% rispetto al valore medio nei 30 giorni precedenti. E ovviamente il titolo al New York Stock Exchange si è impennato lunedì, passando dai 35.39 dollari della chiusura di venerdì scorso a 56,13 dollari. Draghi è a capo del colosso Altice e rileverà la casa d’aste attraverso la controllata BidFair USA.
Con l’acquisizione, Sotheby tornerà ad essere di proprietà di un privato dopo 31 anni e il magnate effettuerà il delisting del titolo, che lascerà così la borsa. Il presidente del consiglio di amministrazione, Domenico De Sole, ha definito l’operazione “il momento giusto per tornare ad essere una proprietà privata e continuare un percorso di crescita e successo”. Forse, nemmeno lo stesso Drahi si aspettava un’accoglienza così calorosa da parte del board.
Nel mondo, due sono le case d’aste più famose e importanti. Oltre a Sotheby, attiva in una decina di città al mondo, da New York a Parigi, passando per Hong Kong e Londra e anche online, c’è Christie, nelle mani sin dal 1998 del francese François-Henri Pinault. E proprio questo avrebbe fatto la differenza tra le due rivali in favore della seconda. Lo scorso anno, ad esempio, Sotheby ha fatturato 6,4 miliardi, esitando un utile netto di 108,6 milioni, in calo dai 118,8 milioni del 2017. Christie ha registrato ricavi per 7 miliardi, sebbene non siamo in grado di darvi gli utili, in quanto la società non ha obblighi di comunicazione, essendo privata e non una quotata.
Il vantaggio di Christie
Quello che sappiamo è, però, che negli anni recenti, le vendite all’asta più clamorose e di successo siano state affidate a Christie e non a Sotheby. Ad esempio, la prima ha battuto per 835 milioni la collezione privata di Peggy and David Rockefeller nel 2018, così come nel 2017 aveva fatto parlare il mondo intero per i 450,3 milioni incassati dalla vendita del Salvator Mundi di Leonardo Da Vinci. Come mai le aste di successo non sono state assegnate a Sotheby? Il discorso ha molto a che vedere con i limiti operativi legati al suo essere una società quotata in borsa, almeno fino ad oggi. Un privato è in grado di fornire ai committenti garanzie finanziarie più immediate di quanto non possa una società che dovrebbe costantemente tenere aggiornati gli azionisti sulle proprie mosse.
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Per non parlare del fatto che le case d’aste sono tipicamente un business stagionale e legato ai singoli, grossi affidamenti ricevuti. Difficile per una quotata fornire spiegazioni di trimestre in trimestre sulle eccessive variazioni registrate da fatturato e utili. Un privato non risente di tutto questo e non deve dare conto a nessuno. Insomma, Christie ha potuto muoversi più agevolmente e senza fornire spiegazioni, contrariamente a una più ingessata Sotheby. Con l’acquisizione di queste ore, le due case d’aste si muoveranno su un terreno apparentemente più equilibrato. Vedremo quanti e quali benefici ciò porterà a Drahi.