Legge 104: secondo la Cassazione non può essere trasferito un lavoratore che assiste un disabile

Nuova sentenza su un caso di trasferimento di sede di lavoro per un dipendente titolare di Legge 104: che cosa hanno stabilito i giudici.
5 anni fa
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Il dipendente che assiste un disabile con Legge 104, non può essere trasferito dall’attuale luogo di lavoro. Questo è quanto stato stabilito de una recente ordinanza della Corte di Cassazione.

Ai sensi dell’ordinanza 21670 del 2019, un lavoratore che deve assistere un proprio familiare disabile (grazie alla cosiddetta “legge 104” ), non può subire un trasferimento dal proprio attuale luogo di lavoro, e ciò vale anche quando il trasferimento avviene all’interno della stesa unità produttiva.

Per la corte di cassazione non incide, nemmeno, il fatto che il nuovo luogo di lavoro si trovi nelle vicinanze del precedente, e che quindi non vengano inficiate le capacità, del lavoratore stesso, di poter effettuare l’assistenza al proprio familiare.

Ricorso contro trasferimento dipendente titolare Legge 104

La vicenda è la seguente: un individuo ricorre in tribunale, chiedendo l’illegittimità del trasferimento d’ufficio in quanto, ai sensi della norma 104/92, è tenuto all’assistenza di un familiare affetto da disabilità.

Tale ricorso in primo grado era stato accolto positivamente dai giudici. Proprio ai sensi dell’art 33 della legge 104/92, comma 5: «Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede».

La corte di appello, successivamente, ne ribalta gli esiti ritenendo che: per quanto riguarda la dedotta violazione dell’art. 33, comma 5, I. n. 104/1992, lo spostamento di sede «pur comportando una maggiore distanza tra sede di lavoro e luogo di dimora della persona disabile assistita, non era tale da incidere in maniera negativa sul concreto esercizio del diritto all’assistenza».

In ultima istanza, la Corte Di Cassazione, riforma la decisione del giudice di primo grado, ritenendo: “in appello non si sia tenuto conto che, sempre nel già citato comma 5, art 33, legge 104/92, con il termine “sede” viene inteso l’effettivo luogo fisico dove viene svolto il lavoro”.

Inoltre, si legge sempre nell’ordinanza, “nessun giudice può valutare in quale misura il trasferimento possa incidere sulla effettiva capacita del lavoratore di prestare la sua assistenza”.

Viene cosi, definitivamente, ristabilito l’iniziale divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente.

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