Gli ultimi stimoli monetari dell’era Draghi hanno fatto schiantare lo spread BTp-Bund a 10 anni in area 135 punti base, mai così basso dal maggio 2018. In effetti, i rendimenti dei BTp decennali sono crollati intorno allo 0,90%, arrivando a scendere giovedì pomeriggio sotto lo 0,80%, mentre quelli dei Bund sulla medesima scadenza hanno compiuto il percorso opposto, risalendo ai massimi da inizio agosto, cioè a poco più del -0,50%. E dire che alla fine di agosto, il decennale della Germania toccava il -0,71%, tornando ai minimi storici dopo poche settimane.
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Eppure, con la riattivazione degli acquisti dei bond con il “quantitative easing”, la BCE dovrà rastrellare anche titoli di stato tedeschi, già rari sul mercato secondario, tanto che tra gli analisti se ne profetizza la graduale scomparsa negli anni. In teoria, se i rendimenti italiani crollano ai minimi storici, quelli tedeschi dovrebbero schiantarsi all’inverosimile. Invece, lungo l’intera curva delle scadenze sta accadendo il contrario. Prendete il trentennale, quello con scadenza agosto 2048 e cedola 1,25%: a fine agosto rendeva il -0,26%, mentre da lunedì era risalito sopra lo zero, salvo crollare repentinamente giovedì pomeriggio fino al -0,115%. Venerdì, stava in area 0,04-0,05%.
Spulciando tra le scadenze medio-brevi, notiamo che il quinquennale è passato in meno di un paio di settimane dal -0,95% al -0,75%, segnando +20 bp anche in questo caso. Ancora peggio ha fatto il biennale, esploso dal -0,92% al -0,70%. Il tonfo dei prezzi è sotto gli occhi di tutti: -7,5% per il trentennale e -2,2% per il decennale in un paio di settimane, limitandoci ai principali “benchmark”. Come mai? Ricordiamoci della natura dei Bund, che fungono da porti sicuri per gli investimenti nelle fasi turbolente. Il mercato adora questo asset quando le cose si mettono male, facendone minore incetta durante le schiarite.
Gli stimoli sostengono il rischio?
Ora, gli stimoli BCE non avranno verosimilmente alcun impatto taumaturgico sulla crescita dell’Eurozona, lasciando intatti i problemi che affliggono l’area, tra cui la crisi debitoria in stati come l’Italia, il rischio di una Brexit disordinata e le tensioni commerciali internazionali. Tuttavia, offrono un ombrello ai titoli maggiormente sospettati di esibire una performance altrimenti cattiva, essenzialmente i BTp. In più, la nascita del governo giallorosso, dalle inclinazioni europeiste, sta allentando le tensioni politiche tra Italia e Commissione UE, riducendo rapidamente il rischio percepito, per quanto da sempre irrealistico, di un’uscita dall’euro del nostro Paese.
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Minori le tensioni e maggiori le rassicurazioni offerte per tutelare l’integrità e lo stato di salute dell’area, maggiore la propensione al rischio tra gli investitori, che nelle ultime sedute stanno vendendo Bund per acquistare BTp, volendo estremizzare. Gli spread si stanno riducendo anche tra Spagna e Germania, con il Bonos a 10 anni ad offrire lo 0,24%, il doppio di inizio mese, ma scivolando sempre meno del Bund di pari durata. Questo significa che alcuni acquisti a favore dell’Italia starebbero avvenendo anche a parziale discapito del resto della periferia, anche se la “vittima” di questa fase sembra essere più che altro la Germania.
Attenzione a esagerare nel senso opposto: la curva tedesca resta negativa fino a ridosso dei 30 anni e infligge perdite elevate, specie in termini reali, a chi investe finanche nel lungo periodo sul debito della Germania. E fino a quando la situazione sarà questa sui mercati, è il segno tangibile di un’anomalia alimentata dalla carenza di fiducia verso l’euro e un eccesso di domanda verso i Bund, in qualità di bene rifugio.