“Salve, scrivo per un chiarimento in merito alla Legge 104. Le spiego il mio caso particolare. Sia mio padre (qualche anno fa) che mia mamma (poche settimane fa) sono purtroppo deceduti per un tumore. Purtroppo dopo il secondo tragico evento, difficile per tutti, mia sorella in particolare ha sviluppato una forma di depressione che le sta creando problemi sul lavoro. Sono molto preoccupata per lei essendo io ora il suo unico riferimento (lei ha solo 23 anni). Qualcuno mi ha detto che l’Inps può riconoscere l’invalidità ex Legge 104 anche alle persone geneticamente più esposte al rischio oncologico. Non ho trovato però nessun riferimento in merito: è una bufala? Il fatto che entrambi i nostri genitori siano morti per tumore può farci rientrare nella categoria di persone geneticamente a rischio sotto tale profilo?”
Il quesito proposto ci permette di fare chiarezza su un argomento attuale e delicato.
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La ratio della norma punta a riconoscere le ricadute psicologiche che scaturiscono dalla consapevolezza di essere portatori di un alto rischio genetico.
Solo in Italia le donne portatrici delle mutazioni BRCA sono tra le 75 e le 150 mila: il numero è difficile da calcolare con esattezza visto che mancano dati nazionali certificati. Tra queste anche giovani under 30 anni.
Chi rientra in tale categoria, seguendo le linee guida nazionali e internazionali, si trova di fronte a tre opzioni:
– non intervenire ma effettuare controlli con maggiore frequenza rispetto alle altre donne per visionare la situazione;
– intervenire con una chirurgia di riduzione del rischio;
– sottoporsi ad una chemio preventiva.
La seconda strada è in un certo senso la più efficace ma anche la più drastica e invasiva: la mastectomia preventiva consiste infatti nella rimozione chirurgica di entrambi i seni. La portata rivoluzionaria della comunicazione Inps è che l’invalidità può essere riconosciuta a donne sane, che ancora non hanno avuto la malattia e che probabilmente, con questo intervento non l’avranno. Il percorso però è invasivo e psicologicamente impegnativo: le donne che si sottopongono alla chirurgia della riduzione del rischio subiscono una menomazione permanente di tali organi e un forte stress psichico.
Per le donne sane con mutazione che, invece, hanno optato per la prima via, quella della stretta sorveglianza, si legge sempre nella circolare Inps, non figurando menomazione fisica, ci potrà essere una valutazione solamente dell’impatto psicologico ai fini dell’invalidità.
Un passo avanti importante che, come sottolineato dall’avvocato Elisabetta Iannelli, segretario generale Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), rappresenta anche un adeguamento a quelle che sono i progressi scientifici e medici in materia. La Favo si è fatta promotrice di questo risultato insieme all’Inps e all’associazione aBRCAdaBRA, portavoce dei bisogni delle donne portatrici della mutazione BRCA.
Chi può chiedere la consulenza per il rischio genetico
Ad oggi la consulenza genetica per rischio di tumore a seno e ovaio (geni BRCA1 e BRCA2), chiamata anche test del gene Jolie dopo il caso della famosa attrice, può essere prenotata al Servizio sanitario nazionale (pagando solo il ticket) solo in alcune specifiche fattispecie:
- se si contano almeno 3 casi di tumore a seno e/o ovaio in famiglia, tra madre, nonne, zie o sorelle;
- bastano 2 casi di familiarità quando le vittime sono state colpite in giovane età (prima dei 50 anni);
- anche con un solo caso in famiglia di tumore della mammella maschile;
- nel caso di episodi in famiglia di tumori al seno o alle ovaie bilaterali;
- diagnosi in famiglia di tumori della mammella triplo negativo (recettori negativi per estrogeno, progesterone e Her2 negativo).
Rispondendo al quesito della lettrice, quindi, possiamo concludere che non basta la familiarità dei casi di tumore in famiglia ma bisognerebbe che lei e la sorella si sottopongano alla consulenza per vedere se sono o meno portatrice del gene incriminato.