Per chi ha un familiare con hadicap grave ricoverato in ospedale o presso centri di assistenza, usufruire dei permessi retribuiti ex lege 104/92 può essere un problema. Come noto, la legge consente la fruizione dei permessi di assenza dal lavoro (fino a tre giorni al mese) a coloro che assistono parenti disabili in stato di gravità, purché non siano ricoverati o assistiti in strutture ospedaliere o sanitarie in via continuativa.
Cosa significa questo? Significa che se la persona da assistere è ricoverata a tempo pieno presso strutture sanitarie pubbliche o private, il lavoratore non ha diritto ai permessi delle legge 104, mentre se la stessa è ricoverata in via non continuativa (si pensi ad esempio ai centri di soggiorno diurno per anziani o alle case famiglia), è possibile usufruire dei permessi dal lavoro per assisterla.
Permessi legge 104 con disabile ricoverato
Vi sono però delle eccezioni. I permessi sono concessi al lavoratore del familiare disabile se questi è un minore e i sanitari certificano il bisogno di assistenza da parte di un genitore o un parente. Tali permessi vanno concessi anche per il disabile ricoverato a tempo pieno in stato vegetativo persistente o in stato terminale, sempre dietro certificazione medica. Infine, i permessi della legge 104 devono essere concessi al richiedente qualora il familiare da assistere necessita di spostamenti non assistiti al di fuori della struttura sanitaria per visite specialistiche, esami o terapie per le quali l’assistenza viene interrotta e sostituita da quella del familiare.
Rischio licenziamento
Poiché lo scopo dei permessi ex lege 104/92 è quello di fornire assistenza alla persona affetta da disabilità grave in ambito familiare, viene esclusa la possibilità di fornire assistenza qualora la persona sia ricoverata in ospedale o in strutture sanitarie a tempo pieno dove l’assistenza è fornita in via continuativa.
Cosa dice la Corte di Cassazione
Come ha precisato la Corte di Cassazione in diverse sentenze, la fruizione dei permessi della legge 104 da parte del lavoratore per assistere un familiare affetto da handicap grave è incompatibile con la necessita del familiare stesso assistito in via continuativa dalle strutture sanitarie. Tali strutture, infatti, sono in grado di farsi integralmente carico sul piano terapeutico ed assistenziale delle esigenze del disabile, con ciò rendendo non indispensabile l’intervento dei familiari. “L’interesse primario cui è preposta la normativa in questione – dice la Corte di Cassazione – è quello di assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si realizzino in ambito familiare, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito”. La violazione di tale principio comporta, non solo il rischio di perdita del posto di lavoro, ma anche il risarcimento ai danni dell’Inps, poiché è l’Istituto di previdenza che integra economicamente in busta i periodi di assenza dal lavoro per permettere assistenza ai disabili che, a loro volta, risultano già assistiti dalle strutture sanitarie.