L’annuncio di Unicredit che imporrà tassi negativi sulle giacenze dei conti correnti dei clienti superiori a 1 milione di euro è stato un terremoto in Italia. Nessuno si aspettava che già da questi mesi si sarebbe arrivati a tanto, anche perché sinora il costo dei tassi negativi imposti dalla BCE sui depositi “overnight” delle banche nell’Eurozona è ricaduto perlopiù sugli istituti del Centro-Nord Europa, quelli maggiormente liquidi. Che siano esentati (per ora) i conti correnti della quasi totalità dei clienti poco importa.
Conti correnti Unicredit, le scappatoie ai tassi negativi della banca sopra 100.000 euro
Come si è arrivati a questo? Dietro c’è la mano visibile della BCE di Mario Draghi e per più di una ragione. Negli ultimi anni, essa ha cercato di incentivare le banche a prestare denaro a imprese e famiglie, punendo i loro depositi di liquidità in eccesso presso Francoforte. Anziché remunerarli, sono stati stangati, in modo da rendere conveniente il loro impiego nell’economia reale o – perché no? – nella sfera finanziaria.
La politica scellerata dell’era Draghi
Le banche non hanno potuto sino ai mesi recenti girare tali costi alla clientela, temendo che altrimenti questa se la desse a gambe levate e trasferisse altrove i risparmi. Ciò ha depresso i loro margini relativi all’attività caratteristica, vale a dire ai prestiti. Paradossalmente, non solo i tassi negativi non hanno incoraggiato i finanziamenti al settore privato, ma sono finiti per renderli poco convenienti. E non è tutto: poiché la BCE ha al contempo anche inasprito i requisiti patrimoniali richiesti alle banche, pur con la nobile finalità di impedire il ripetersi di quanto accaduto dopo il crac di Lehman Brothers del 2008, queste non hanno potuto destinare a sufficienza la liquidità disponibile, avendo la necessità di accantonarla per rafforzare il capitale ai fini regolamentari.
E’ la schizofrenia monetaria dell’era Draghi: tassi penalizzanti sull’eccesso di liquidità da un lato, disincentivo a prestarla dall’altro con misure patrimoniali sempre più severe. Risultato? Il settore privato non è ripartito, certamente non laddove l’economia lo avrebbe richiesto, come in Italia. Al contrario, le banche hanno chiuso i cordoni della borsa, imprese e famiglie ne hanno risentito negativamente e, anziché consumare e investire, hanno preferito tenersi liquide, tenendo gran parte dei risparmi sui conti correnti per fronteggiare eventuali criticità future, un segno di pessimismo evidente.
Da qui, i circa 1.500 miliardi di euro tra conti correnti e deposito parcheggiati e che paradossalmente aggravano la situazione patrimoniale delle banche italiane, le quali di tutto questo denaro non sanno che farsene, dato che non lo impiegano del tutto a favore della clientela, contribuendo a tenere depresso il clima economico di questi lunghi anni di crisi. E così si è innescato il più classico dei circoli viziosi, che trae origine da una politica monetaria contraddittoria e sin qui apertamente inefficace. A pagare il conto di questo fallimento si vuole che sia il risparmiatore. Da qui, l’invocazione della lotta all’uso del contante per stangare quanti più miliardi possibili e rendere così efficace le misure di Francoforte.
Metteranno le mani nei conti correnti e i risparmiatori si ribelleranno ai governi