Il Tesoro ha concluso ieri pomeriggio il collocamento del 15-esimo BTp Italia, raccogliendo ordini complessivi per 6,7 miliardi, di cui poco più di 3,7 miliardi dagli investitori istituzionali. Le prime due giornate, quelle di lunedì e martedì, erano state riservate al canale retail, che ha risposto con richieste per poco meno di 3 miliardi. Alla luce dei risultati, la cedola minima reale dello 0,60% è stata innalzata allo 0,65%. Questo sarà il tasso che i possessori otterranno su base annua e corrisposto in due pagamenti semestrali, al netto dell’inflazione del periodo.
Il bond scade il 28 ottobre del 2027, per cui ha durata di 8 anni. Prevede il pagamento di un premio “fedeltà” dello 0,4% del capitale nominale, nel caso in cui si acquisti il titolo all’emissione e lo si mantenga fino alla scadenza. Per quanto i numeri ci dicano che sia stato evitato il flop del novembre 2018, quando il BTp Italia a 4 anni raccolse appena 2,1 miliardi e per 1,3 miliardi grazie agli istituzionali, non possiamo nemmeno esaltarci dinnanzi a un collocamento, che data la cedola relativamente generosa di questi tempi avrebbe dovuto attirare capitali ben più elevati.
I 6,7 miliardi raccolti rappresentano la quarta cifra più bassa delle 15 emissioni del Tesoro dal marzo 2012. Peggio hanno fatto il collocamento dell’ottobre 2016 (5,2 miliardi), quello del novembre 2018 (2,1 miliardi) e del giugno 2012 (1,7 miliardi). La media delle 14 emissioni precedenti era stata di 10 miliardi, per cui è evidente come ci siamo collocati ben al di sotto, forse per effetto delle basse aspettative d’inflazione, che non spingono le famiglie a buttarsi sui titoli che tutelino il loro potere d’acquisto. D’altra parte, le previsioni degli analisti sono state smentite al rialzo. Ci si aspettava ordini per un totale di 4 miliardi, che sarebbero stati il terzo risultato più deludente di sempre per un BTp Italia, ma il canale istituzionale si è mostrato sufficientemente affamato di “yield”.
Torna il BTp Italia: durata 8 anni e sessione di soli 3 giorni