La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme?

La tutela del risparmio in Italia è rimasta lettera morta. E gli investimenti degli italiani non vengono nemmeno incoraggiati, anzi quasi apertamente disincentivati da tasse e criminalizzazione della ricchezza.
5 anni fa
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Qualcuno saprebbe dirci se sia ancora in vigore quell’articolo 47 della Costituzione italiana, che recita più o meno:

“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese”?

La piega che da anni ha preso il Bel Paese sembrerebbe suggerire che vi sia stato e sia tutt’ora in corso una forma evidente di alto tradimento di questo articolo della Carta.

Era il luglio 1992, quando il governo Amato non trovò di meglio che fare cassa con un prelievo forzoso dello 0,6% sui conti bancari degli italiani. Il precedente gravissimo aleggia come uno spettro sin da quell’anno ogni qualvolta che il governo di turno non sappia dove attingere a piene mani per aumentare le sue entrate.

Sempre in quel periodo viene stangata la casa, bene prezioso per le famiglie italiane. Nasce l’ICI/IMU, che verrà eliminata sulle prime abitazioni solamente nel 2008 e per pochi anni, ripristinata nel 2013 e abbandonata nuovamente qualche anno dopo. Nel frattempo, però, oltre 20 miliardi all’anno vengono sborsati dai contribuenti sugli immobili a scopo abitativo (seconde case), di lusso, uffici, locali commerciali, terreni e capannoni. E il Duemila esordisce male anche per gli investimenti azionari.

Perché patrimoniale, più IMU e IVA completerebbero la distruzione dell’economia italiana 

Dopo essere stata derisa la riluttanza degli italiani a investire i loro risparmi sui mercati finanziari, non appena questi seguono i consigli di esperti e governi sulla necessità di abbandonare le vecchie strategie d’investimento, ecco che esplodono due scandali ad evidenziare la carenza dei controlli, per dirla quasi eufemisticamente: parliamo dei casi Cirio e poi Parmalat. Miliardi bruciati, mentre il grosso delle perdite per migliaia di italiani arriverà dall’estero, da quei “Tango bond” argentini che formalmente non avrebbero mai dovuto essere acquistati dal canale retail e che le banche italiane non hanno avuto, invece, difficoltà a rifilare alla clientela.

Risparmio tradito da banche e borsa

Arriva la crisi finanziaria del 2009 con i suoi crolli delle borse. L’Italia non patisce perdite particolari sul fronte prettamente degli investimenti, ma nel 2015 sono le banche a provocare un terremoto: azzerate azioni e obbligazioni di quattro istituti salvati dallo stato, a cui poco più di un anno dopo si aggiungono Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Monte dei Paschi di Siena. Certo, investire presuppone assumersi rischi, ma non anche quello di bilanci fasulli e bollinati da controllori ciechi o incapaci di svolgere il loro lavoro come con Cirio/Parmalat. Come se non bastasse, è di questi giorni lo scandalo Bio-On, società quotata all’Aim Italia di Piazza Affari, che per gli inquirenti avrebbe falsificato tutto quanto si potesse falsificare e adesso rischia di trascinare a fondo migliaia di piccoli risparmiatori che avevano creduto nelle sue comunicazioni sociali.

Scandalo Bio-On, azionisti traditi e flop controlli

Nel frattempo, Unicredit annuncia che imporrà tassi negativi sui conti correnti sopra 1 milione di euro, aprendo la strada per una stangata più generalizzata del risparmio “popolare”, per dirlo con le parole dei padri costituenti. Come se non bastasse, nel mirino del governo e degli organismi internazionali restano sempre gli immobili (cos’altro dovrebbero pagare i proprietari di case?) e i patrimoni complessivi delle famiglie, stimati in 10.000 miliardi di euro, frutto di decenni di risparmi, fatiche, sacrifici, ingegno e investimenti.

Ciliegina sulla torta: governo, stampa e sedicenti esperti additano quei 1.500 miliardi “parcheggiati” presso le banche italiane quale prova della bassa educazione finanziaria diffusa nel nostro Paese. Come dire che non sapremmo gestire il nostro denaro, che dovremmo impiegarlo in maniera più produttiva, senza che nessuno abbia la decenza di ammettere che fino a quando avremo istituzioni così inefficienti, dalle politiche erratiche e un apparato di controlli a dir poco scandaloso, in pochi si fideranno mai dei bilanci delle società quotate a Milano e meno ancora dei prodotti venduti dalle banche agli sportelli.

Qualcuno in alto dovrebbe rileggersi la Costituzione e soffermarsi qualche secondo in più sull’art. 47. Scoprirebbe quanto trasudino di illegittimità numerosi provvedimenti legislativi di questi anni e i comportamenti diffusi tra chi dovrebbe sorvegliare i nostri risparmi.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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