Il Milan si piega in casa alla Lazio dopo 30 anni con la sconfitta subita ieri sera al San Siro. I 3 punti guadagnati dalla formazione bianco-celeste hanno un sapore ancora più dolce per Simone Inzaghi, che si posiziona così al quarto posto, l’ultimo utile per accedere alla Champions League. I rossoneri, invece, di punti ne posseggo appena 13 dopo 11 giornate di campionato in Serie A, pari a una media thriller di 1,18, quasi da retrocessione. L’umore è nerissimo a Milanello, dove sotto accusa è finita da tempo tutta la dirigenza, accusata dai tifosi di insipienza.
Una cosa è chiara a tutti: così non si può continuare. Già, ma la strada da imboccare appare impervia, perché nessuno sembra avere idea di come risalire la china senza tornare in Champions e, soprattutto, come accedervi. L’ultima idea dell’amministratore delegato, Ivan Gazidis, suona come una minaccia all’indirizzo dei calciatori: il monte-ingaggi va tagliato. E sul piano dei numeri, di ragioni il manager sudafricano ne avrebbe da vendere.
Il Milan ha speso in stipendi 125 milioni di euro nella stagione 2018/2019, secondo in Italia dopo la Juventus, ma a fronte di risultati in campo e finanziari profondamente diversi. I giocatori bianconeri, complice l’arrivo di Cristiano Ronaldo, sono costati al club il 34% in più, cioè sui 203 milioni, quasi un terzo del fatturato, vincendo l’ottavo scudetto consecutivo e arrivando fino ai quarti di finale in Champions. Gli stipendi rossoneri hanno inciso, invece, per oltre la metà dei ricavi e hanno generato come unico risultato utile l’approdo in Europa League, che la dirigenza ha barattato con il TAS di Losanna per evitare ulteriori penalizzazioni in chiave “Fair Play Finanziario”; e questo non appare sostenibile. In più, non riflettono minimamente la qualità esibita in campo. Da qui, la decisione di Gazidis di imporre un tetto agli ingaggi netti di 4 milioni.
Marchio Milan bruciato, dagli sponsor spiccioli
Stipendi giocatori Milan a rischio
E così, rischia Gigio Donnarumma, in scadenza di contratto nel 2021. Per ora, guadagna sui 6 milioni netti a stagione, troppi per le casse vuote del Milan, non tanto per le tasche di un portiere destinato apparentemente a raccogliere l’eredità di Gigi Buffon alla Nazionale azzurra. E che dire di Pepe Reina, che per fare il secondo portiere viene retribuito con 3 milioni netti all’anno? O di Fabio Borini, giocatore da 5 milioni, pagato per fare panchina? Non parliamo di Lucas Biglia, che certo in campo non varrebbe i 7 milioni che gli spettano per contratto.
Giusto tagliare, ma si corre un doppio rischio: di perdere i pezzi da novanta come Donnarumma e di doverli “svendere” prima della scadenza, nel caso in cui non segnalassero di voler rimanere senza un futuro certo e ben remunerato. Un po’ come l’errore grossolano commesso quest’anno dall’Inter con Mauro Icardi, a cui prima venne tolta la fascia da capitano, successivamente fu messo fuori rosa e in estate non fu nemmeno convocato da Antonio Conte per il ritiro nerazzurro. Alla fine, è stato ceduto al Paris-Saint-Germain con la formula del diritto di riscatto a prezzi nettamente inferiori a quelli di mercato stimati a inizio 2019, prima che la bufera investisse l’argentino.
Il Milan ha chiuso la scorsa stagione con un “buco” da 146 milioni. Naturale che a dover essere tagliata sia la voce principale del bilancio, ossia gli stipendi dei calciatori. Ma siamo sicuri che così facendo non si ottengano risultati sportivi ancora peggiori e che si allontani per ciò stesso la prospettiva di un aumento dei ricavi, unica strada che una grande società dovrà necessariamente percorrere per restare alla pari con le “big” d’Europa?
Milan, per Pioli esordio amaro e i conti rossoneri sono da incubo