Lavoro e fisco: il risarcimento da perdita di chance è tassato?

Risarcimento del danno per perdita di chance, quando viene applicata la tassazione ordinaria e quando è esclusa.
5 anni fa
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La perdita di chance in ambito lavorativo comporta a volte un risarcimento economico. Sono molti in Italia i lavoratori che, a vario titolo, fanno causa al proprio datore di lavoro per aver subito un danno per via di esclusione da un concorso o dalla mancata progressione in carriera o riconoscimento di mansioni superiori.

Spesso, si ricorre a vertenze sindacali, ma a volte si finisce anche davanti al giudice. E quando capita che il datore di lavoro venga condannato a risarcire il danno patito dal lavoratore sotto forma di perdita di chance, ci si pone la domanda se i soldi che percepirà a titolo di risarcimento sono soggetti a tassazione.

Perdita di chance, cos’è

Ma andiamo con ordine. Cosa è la perdita di chance? Per “chance” si intende la perdita della possibilità di ottenere un futuro risultato utile, cioè una effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato vantaggio economico, qualificabile e quantificabile. La “chance” non è una semplice aspettativa, ma una vera e propria probabilità statistica di conseguire un arricchimento che, se provata, diventa sicuramente liquidabile. Ciò premesso, va detto che l’onere della prova è sempre a carico del lavoratore danneggiato che dovrà dimostrare e quantificare il danno patito da perdita di chance, magari avvalendosi di comparazioni e testimonianze.

La tassazione da perdita di chance

Posto, quindi, che il danno sia provato e quantificato (cosi detto lucro cessante), vediamo se e come viene tassato dal fisco, anche alla luce degli ultimi chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Partendo dal presupposto che tutte le voci di reddito sono soggette a tassazione, anche il risarcimento da perdita di chance, configurato come mancata percezione di redditi, lo è poiché costituisce un mancato guadagno del lavoratore. Ciò è ben specificato dalla circolare 155/E del 2002 dell’Agenzia delle Entrate secondo cui, laddove “l’indennizzo vada a compensare in via integrativa o sostitutiva la mancata percezione di redditi di lavoro, oppure il mancato guadagno, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito, vanno assoggettate a tassazione e così ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente”.

La tassazione applicata sarà quindi quella ordinaria in base agli scaglioni di reddito di appartenenza del lavoratore.

Danni non soggetti a tassazione

Viceversa, le altre voci del risarcimento, come il danno biologico e, in generale, quello morale non è soggetto a tassazione. Questo perché dette voci non costituiscono reddito imponibile poichè volte a riparare un pregiudizio di natura diversa. Sono esenti da imposte anche i danni subiti dal lavoratore derivanti da perdite subìte (il cosiddetto danno emergente), con la specifica funzione di reintegrazione patrimoniale. In questo caso il denaro viene versato a titolo di risarcimento del danno alla persona del soggetto leso mancando quindi qualsiasi funzione sostitutiva o integrativa di eventuali trattamenti retributivi. Pertanto, gli indennizzi non concorreranno alla formazione del reddito.

Perdita di chance non soggetta a Irpef

Uno dei classici esempi di perdita di chance non soggetta a tassazione è il risarcimento del danno per perdita di chance a seguito di esclusione da un concorso o selezione per la progressione in carriera. Il risarcimento che ne potrebbe derivare a seguito di vertenza o causa lavorativa non è soggetto a tassazione poiché non ha natura di reddito. Tale risarcimento costituisce infatti un semplice ristoro al danno patito (danno emergente) e non è quantificabile sotto il profilo della mancata perdita di reddito (lucro cessante).

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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