Bere caffè costa il 25% in più da metà ottobre, rischio salasso al bar

Il prezzo del caffè ha subito un'impennata sul mercato internazionale nelle ultime settimane, minacciando i consumatori di tutto il mondo. Vediamo le cause e se sia il caso di preoccuparsi davvero.
5 anni fa
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Il caffè è diventato un po’ più amaro per i bevitori di tutto il mondo nelle ultime settimane, se è vero che le quotazioni internazionali siano aumentate di quasi il 25% dai livelli di metà ottobre, arrivando a un massimo di 1,19 dollari per libbra nel corso della seduta di lunedì, salvo attestarsi ieri a 1,15 dollari. Si tratta delle quotazioni più alte da 13 mesi a questa parte. Se consideriamo che il dollaro continua a rimanere sui massimi degli ultimi anni, di questo passo non possiamo escludere rincari al bancone del bar.

Una tazza di caffè rischia di costaci di più. E’ il caso di preoccuparci seriamente?

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Cerchiamo di capire le cause di questo boom di ottobre/novembre. Parliamo delle prime settimane di inizio della nuova stagione, con i raccolti globali rivelatasi in calo dopo anni di crescita sostenuta, tra l’altro a causa di situazioni di siccità, come nel Guatemala. Questo sembra un serio problema per il paese dell’America Centrale, incoraggiando flussi di clandestini verso gli USA.

L’industria del caffè nel mondo dà da mangiare a 21 milioni di famiglie e vale 20 miliardi di dollari, grazie alle 2 miliardi di tazzine al giorno bevute. L’offerta mondiale vale sulle 10 milioni di tonnellate all’anno e il Brasile da solo incide per quasi il 30%, il Vietnam per un altro 15% e la Colombia per circa l’8%. Dunque, questi sono i paesi a cui guardare per cercare di prevedere la direzione del mercato. E cosa sta succedendo in queste economie emergenti? Il dong si è mantenuto stabile quest’anno contro il dollaro, mentre i pesos colombiani hanno perso il 9% e il real brasiliano il 13%.

Prezzi su anche in futuro?

Questo significa che le esportazioni di caffè nei due paesi-chiave dell’America Latina stanno rendendo di più, in valute locali, a parità di prezzo.

I produttori colombiani, poi, hanno destinato ad altre colture ben il 10% dei terreni ad oggi utilizzati per far crescere le piante di caffè, sottraendo qualcosa come 85.000 ettari. La Colombia produce perlopiù l’arabica, la qualità migliore, ma in appezzamenti collinari più difficili da coltivare e per questo meno produttivi, trovandosi ad affrontare costi unitari maggiori.

I produttori colombiani minacciano la fuga da New York

Comunque sia, l’indebolimento di peso e real contribuisce ad amplificare l’aumento dei prezzi del caffè, rendendone le coltivazioni più allettanti anche laddove in questi anni si era registrato un ripensamento. Non dobbiamo nemmeno ignorare il fatto che le quotazioni internazionali restino su livelli molto più bassi della media degli ultimi anni. Nell’aprile del 2011, una libbra arrivò a costare sui mercati 3 dollari, oltre il doppio di oggi. E come per altre materie prime alimentari e non, tra cui il cacao e il petrolio, quando i prezzi salgono repentinamente e non sono sostenuti da una crescita della domanda altrettanto veloce, l’offerta tende a lievitare per la maggiore convenienza dei produttori e questo con i mesi deprime le quotazioni stesse, sebbene nel caso del caffè si ragioni più per cicli dei raccolti.

La domanda di caffè sta crescendo, ma a un ritmo costante, senza le accelerazioni a cui stiamo assistendo sul fronte prezzi. Per concludere, il caffè costa un quarto in più da metà ottobre, ma per il semplice fatto che quest’anno fosse arrivato a costare troppo poco, ben al di sotto del prezzo minimo a cui gli agricoltori in svariate aree del mondo riescono a coltivare la pianta senza subire perdite. Non sembra il caso di preoccuparci, almeno non nel breve, mentre nel lungo termine la principale minaccia è provocata dai cambiamenti climatici, che starebbero già facendo scomparire la varietà delle piante, condizione indispensabile per tenere questo mercato al riparo dalle oscillazioni di prezzo altrimenti assai probabili e dannose per entrambe le parti.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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