Nel comparto scuola l’età della pensione, se troppo avanzata, potrebbe comportare delle conseguenze anche sulla qualità del servizio. Quella del settore scolastico potrebbe diventare un’emergenza se si pensa che significa avere personale docente sempre più anziano. Secondo i dati Ocse in Italia è record di insegnanti di ruolo in età avanzata: 6 su 10 hanno più di 50 anni (il doppio rispetto alla Francia per capire).
Il nostro inoltre è l’unico Paese europeo dove in tutti cicli scolastici l’età media degli insegnanti supera i cinquant’anni. Marcello Pacifico, presidente nazionale dell’Anief, ha spiegato il problema: “Siamo di fronte sempre più a una vera emergenza da affrontare: occorre innanzitutto sganciare la scuola dalle altre professioni, prevedendo anticipi pensionistici importanti; bisogna poi il rivedere il sistema di reclutamento evitando d’ora in poi di far invecchiare insegnanti nello stato di precarietà; come è necessario stabilizzare da subito tutti coloro che hanno svolto oltre 36 mesi di servizio, come indicato dalla direttiva 70/99 dell’Ue”.
La questione riguarda tutti i dipendenti pubblici ma in alcuni settori, come appunto quello scolastico, gli effetti potrebbero essere più preoccupanti. Nel contesto europeo, si legge nel dossier, “un chiarissimo esempio viene dal segmento della scuola, quello più popoloso nell’ambito pubblico: siamo il Paese con gli insegnanti più vecchi in assoluto, sia alle elementari che alle superiori. L’unico in cui, per entrambi i casi, oltre metà dei docenti ha più di 50 anni”.
E non è un caso neppure che in Italia gli insegnanti delle scuole elementari under 30 siano rarità, mentre ad esempio in Francia rappresentano circa il 12% del corpo docente.
Marcello Pacifico ha analizzato il problema sotto il profilo pensionistico: “negli altri Paesi, ad iniziare dalla Francia, i docenti vengono mandati in pensione attorno ai 60 anni di età o con meno di 30 anni di contributi e senza particolari decurtazioni sull’assegno di quiescenza. In Italia invece quella dell’insegnante, pur risultando tra le professioni più stressanti e gravose, ad alto rischio burnout, come ravvisato di recente anche dall’OMS, figura nell’Ape Social solo per educatori dei nidi e maestri della scuola dell’infanzia. Senza dimenticare il fatto che i nostri docenti arrivano quasi sempre alla stabilizzazione già stremati. Perché devono svolgere in altissima percentuale una gavetta lunga, fatta di concorsi-lumaca e di precariato senza fine”.