L’Italia è stato l’unico grande Paese a non essere stato avvertito dall’amministrazione Trump del raid americano a Baghdad, quello che la scorsa settimana uccideva tra gli altri il generale iraniano Qassem Soleimani. Gli altri grandi alleati, tra cui Regno Unito, Francia e Germania, sono stati allertati, per quanto il segretario di Stato, Mike Pompeo, abbia definito “deludente” il contributo dell’Europa. E ancora: la missione in Libia, con cui il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, avrebbe dovuto incontrare il generale ribelle Haftar, accompagnato dai colleghi di Francia, Germania e Regno Unito e dall’Alto Commissario europeo, Joseph Borrell, sarà probabilmente cancellata.
Non è la prima volta che l’Italia sia snobbata nei consessi internazionali. E’ accaduto sotto i governi di centro-destra e quelli di centro-sinistra, segno che il declino politico di Roma non abbia a che fare esclusivamente con l’una o l’altra coalizione al potere, essendo di natura strutturale. Ma stavolta l’assenza delle forme è diventata così palese da essere imbarazzante per Giuseppe Conte, che proprio sul suo rapporto personale con il presidente Donald Trump punta a Roma per accreditarsi tra l’opinione pubblica come un riferimento saldo per le istituzioni. I tempi di “Giuseppi” sembrano lontani. L’America segnala di non fidarsi dei “giallo-rossi”, che in effetti sulle tensioni USA-Iran non hanno alcuna linea comune, né la più pallida idea di quale seguire ufficialmente.
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Di Maio rispolvera l’art.11 della Costituzione, secondo cui “l’Italia ripudia la guerra”, di fatto estraniandosi dal contesto internazionale per darsi a un’attività di facile propaganda interna.
Maggioranza inesistente e inaffidabile
Non esiste un solo punto in comune tra PD, IV e M5S. Conte è il premier-zombie di un governo senza credibilità internazionale, oltre che tra la stessa cittadinanza italiana. Non gode di sostegno popolare, né più da quelle cancellerie che pure avevano sostenuto il suo bis a Palazzo Chigi dopo la caduta del governo “giallo-verde” in agosto. L’Italia è diventata fanalino di coda sui mercati finanziari, dietro persino alla Grecia sui bond, e sul piano delle aspettative di crescita, senza alcun miglioramento dei suoi conti pubblici, i quali al contrario continuano a peggiorare, portando il rapporto debito/pil ai massimi in era repubblicana, sopra il 135%.
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Senza bussola su economia e politica estera, senza personalità credibili nei ministeri-chiave, senza un’idea di Italia che possa anche solo giustificare la permanenza provvisoria del premier a Palazzo Chigi, se non la voglia di evitare elezioni anticipate, che decreterebbero la fine dei “grillini” quale esperienza politica. Ma i nodi stanno arrivando tutti al pettine in poche settimane e anche per il più camaleontico premier della storia repubblicana sarà arduo superare gli esami indenne.