Trovare lavoro: perché quello che postiamo sui social pesa sulla ricerca

La ricerca del lavoro sui social e l'importanza di ciò che si scrive di sé.
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5 anni fa
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Social network

Quanto conta ciò che postiamo sui social durante la ricerca di un lavoro? Molto secondo Adecco, che ha svolto uno studio in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano sull’impatto del digitale nel mondo del lavoro. 

Come cambia il mondo del lavoro con i social

In base allo studio è emerso che i candidati impiegano il 72% del tempo alla ricerca di un lavoro mentre i recruiter spendono il 45% del tempo ad analizzare i profili. E non solo.

Sembra, infatti, e non è nemmeno più un mistero, che molto potere nella ricerca del lavoro lo abbiano i social, non solo dal punto di vista della ricerca ma anche per i recruiter che tramite Facebook e Instagram cercano dati relativi ai candidati, al loro carattere etc. La ricerca di professionisti online, insomma, richiede un certo investimento di tempo. Per chi cerca lavoro è ancora Linkedin uno dei social più utilizzati, 57,7%, ma anche Facebook per il 37,7% e Instagram che sta guadagnando punti con il 10% mentre Twitter si attesta al 4%. 

Come utilizzano i social gli hr

Per gli HR, invece, l’utilizzo dei social è maggiormente legato alla ricerca di informazioni circa la personalità e non tanto per cercare candidati. Si parla a tal proposito di Linkedin è sempre più utilizzato nell’88% dei casi. In particolare sui social si cercano profili non manageriali, in calo quelli di middle manager e senior manager, mentre crescono le ricerche legate alle comunicazione. 

A fare chiarezza anche Cristina Cancer, Head of Talent Attraction and Academic Partnership di The Adecco Group secondo cui: “L’impatto dei canali social sull’attività di scouting degli HR e sulla ricerca di un lavoro da parte dei candidati è in crescita costante. La rapida evoluzione del mondo del lavoro e l’affermazione dei canali digitali in tutte le attività quotidiane sia professionali che personali sta cambiando radicalmente le abitudini non solo di chi cerca un lavoro, ma anche dei professionisti che si occupano di risorse umane”.

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