A marzo, la BCE ha varato gli stimoli monetari più potenti della sua storia per reagire all’emergenza Coronavirus. Con il board di giorno 12, potenziava il “quantitative easing”, il programma di acquisti di assets nell’Eurozona, per 120 miliardi di euro entro l’anno, varando nuove aste Ltro e potenziando le T-Ltro trimestrali. Pochi giorni dopo, interveniva con un intervento extra da 750 miliardi, portando il QE a una media mensile di quasi 117 miliardi. Certo, nulla a confronto con i 125 miliardi di dollari al giorno a cui è arrivata la Federal Reserve, ma non si può dire che Francoforte non stia iniettando liquidità nell’unione monetaria.
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L’Euribor a 1 mese è schizzato dal -0,52% di quel giovedì del board al -0,44% del 31 marzo, quello a 3 mesi è passato nello stesso arco di tempo dal -0,49% al -0,35%. Stesso discorso per l’Eurirs alle varie scadenze: per i 10 anni, il tasso è passato dal -0,25% a 0, per i 20 anni dal -0,10% allo 0,24%, per i 30 anni dal -0,23% allo 0,20%. Questo significa che ad aprile, i titolari di un mutuo a tasso variabile si vedranno aumentata la rata mensile, pur di poco. E chi richiede oggi un mutuo a tasso fisso, rispetto al mese scorso inizierebbe a pagare qualcosa di più. Nessun cambiamento, com’è ovvio, vi sarà per i titolari di un mutuo a tasso fisso già contratto.
Perché il cambio di marcia
Perché i tassi salgono se la liquidità pompata dalla BCE cresce? Anzitutto, i tassi interbancari seguono i movimenti dei Bund alle varie scadenze, essendo questi i bond “risk free” di riferimento nell’Eurozona. Ebbene, la curva tedesca si è innalzata nelle ultime settimane, a seguito proprio all’allentamento delle tensioni finanziarie seguite agli interventi della BCE e, in misura forse non marginale, all’annuncio della Germania del varo di un maxi-piano di stimoli fiscali da 750 miliardi per combattere la grave recessione in corso.
Siamo in presenza di un’inversione di marcia stabile? Non sembra. L’inflazione nell’Eurozona dovrebbe rallentare anche nei prossimi mesi, dopo essere scesa a marzo allo 0,7% dall’1,2% di febbraio. Complice il crollo delle quotazioni petrolifere, non possiamo nemmeno escludere una temporanea fase di deflazione e ciò costringerà la BCE a tenere invariati i tassi più a lungo di quanto non sia atteso già oggi o, addirittura, a tagliarli ancora. E la crisi, ancora tutta in divenire, comporterà nuove tensioni sui mercati, con tanto di corsa ai Bund e conseguente probabile discesa dei rendimenti, pur a fronte di una maggiore, significativa offerta.
Rispetto ai minimi di marzo, il maggiore esborso per un nuovo mutuo a tasso fisso contratto oggi e con capitale residuo da rimborsare di 100.000 euro in 20 anni sarebbe fino a oltre 15 euro al mese e per un aggravio complessivo di quasi 3.700 euro lungo il periodo di ammortamento. Per un mutuo a tasso variabile della stessa entità e durata, agganciato all’Euribor a 3 mesi, la rata mensile subirà un aggravio minore, quantificabile fino a un massimo di oltre 6 euro, pari a oltre 1.500 euro nell’arco del ventennio.
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