Dall’apice toccato a febbraio, il fondo H2O Multibonds è arrivato a perdere fino al 55%, scendendo a una quotazione di 250 euro. Quest’oggi, il titolo sta risalendo in prossimità dei 400 euro, ma con una volatilità straordinariamente elevata, segno che la crisi in cui è caduto nelle ultime settimane non sia affatto conclusa. Il 9 marzo scorso, i dirigenti hanno scritto ai clienti, chiedendo loro scusa per le elevate perdite accusate, avvertendoli che le strategie d’investimento sino ad allora seguite non fossero risultate coerenti con la realtà macroeconomica in corso.
Già nel 2019, H2O era stato nel mirino del mercato, con Morningstar ad averne messo sotto osservazione il rating dopo che il Financial Times aveva portato a galla investimenti “illiquidi” effettuati nei confronti del finanziere tedesco Lars Windhorst, l’ex “ragazzo prodigio” di cui parlò ai tempi l’allora cancelliere Helmut Kohl e che alle spalle ha una storia di insuccessi e problemi legali non certo entusiasmante, tra cui una dichiarazione di bancarotta nel 2003 dopo lo scoppio della bolla dot-com.
A seguito dello scandalo, i clienti hanno riscattato posizioni per 8 miliardi di euro, ma ciò non ha impedito ai fondi di H2O di chiudere in attivo nel 2019. E quest’anno, fino al tardo febbraio, il Multibonds guadagnava oltre l’8%, implodendo nelle settimane seguenti e al momento segnando una perdita di circa il 25%. E’ successo, infatti, che la società con sede a Londra e di cui la francese Natixis risulta socio principale abbia condotto una serie di investimenti sbagliati o almeno che si siano rivelati tali con l’emergenza Coronavirus. Il Multibonds ha shortato i Treasuries, ha puntato long sui BTp e sui bond messicani e persino su una materia prima come il petrolio.
L’ottimismo smentito di H2O
In altre parole, la strategia d’investimento di H2O per il suo comparto obbligazionario è stata improntata all’ottimismo sull’economia mondiale.
E una parte consistente del portafoglio era stato investito sui bond messicani, anch’essi in forte calo quest’anno, travolti dalle nubi sul debito sovrano emergente e dal contestuale collasso del cambio. Infine, devastante la scommessa rialzista sul petrolio, le cui quotazioni sono crollate quest’anno dai 66 dollari di inizio 2020 a un minimo di 23 dollari dei giorni scorsi, risalendo sopra i 30 solo a seguito delle speranze di accordo tra russi e sauditi, voluto e benedetto dall’amministrazione Trump.
Il petrolio, passata l’emergenza, risalirà certamente di prezzo, ma sembra difficile immaginare che riveda i livelli di inizio anno a breve o, addirittura, che li superi, dato il parziale rimbalzo atteso delle economie avanzate. Dunque, H2O potrebbe continuare a perdere la scommessa anche con la normalizzazione dei mercati nella seconda metà dell’anno. E proprio perché i rischi percepiti resteranno elevati da qui al medio termine, non pare che l’avere shortato i titoli americani e l’aver puntato su quelli italiani, in particolare, sia una strategia destinata a funzionare nei prossimi mesi.