La Confindustria di Bonomi è una voce isolata nell’Italia del neo-statalismo

Con la designazione di Carlo Bonomi a presidente di Confindustria, la massima associazione delle grandi imprese italiane torna all'opposizione del governo e si mette di traverso alla politica neo-statalista di Roma.
5 anni fa
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Con una votazione online, ieri il Consiglio Generale di Confindustria ha designato alla presidenza Carlo Bonomi, il quale ha ottenuto 123 scheda a favore contro le appena 60 raccolte dalla sfidante piemontese Licia Mattioli. Presidente di Assolombarda, la potente associazione industriale del nord, ha 54 anni ed è nato a Crema. Attivo nel settore biomedicale, è presidente del consiglio di amministrazione di Synopo, ma anche membro dell’Aspen Institute, dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) e consigliere di amministrazione dell’Università Bocconi di Milano.

La sua consacrazione ufficiale avverrà il 20 maggio prossimo con il voto dell’assemblea.

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Se volessimo metterla sul piano politico, ha vinto la voce più stonata rispetto al governo, nei confronti del quale l’uomo non ha mai nascosto la propria insofferenza, sia quando era stato sostenuto dall’alleanza “giallo-verde”, sia con l’ingresso del PD e l’uscita della Lega. E anche ieri, le sue prime parole da vincitore “in pectore” sono state nitide, quando ha parlato di “una politica smarrita” che non conosce la strada da percorrere e di una “voragine del pil”, aggiungendo che la soluzione per ripartire non sarebbe di spingere le imprese ad indebitarsi, di fatto polemizzando con il Decreto “Liquidità” del governo Conte, che garantisce i prestiti delle banche per centinaia di miliardi, ma che Bonomi guarda con perplessità, dando voce al tessuto imprenditoriale italiano.

L’obiettivo numero uno del neo-presidente sarà la guida della difficilissima transizione verso la normalità e la ripresa economica, ripristinando le produzioni. Anche su questo punto, ha espresso una visione alquanto diversa da quella della politica, notando come all’estero le imprese concorrenti siano state sottoposte a misure meno restrittive, per cui restano attive in più comparti, mentre in Italia molte realtà sono ferme. E l’attacco diretto al premier è arrivato quando ha parlato di “anacronismo dei codici Ateco”, facendo riferimento ai decreti con cui l’esecutivo ha disposto la chiusura e la riapertura delle attività, sostenendo che non abbiano ormai alcuna attinenza con la realtà della manifattura e dell’imprenditoria odierna.

Una voce fuori dal coro

E ancora, si è espresso polemicamente contro un sindacato che accusa di avere riportato in auge un clima di “pregiudizio anti-industriale”, quando ha guidato la protesta a marzo di quei lavoratori contrari a continuare a lavorare in fabbrica, lamentando che le imprese ignorassero le loro condizioni di salute. Quando Giuseppe Conte diede vita al suo bis a Palazzo Chigi, Bonomi si limitò ad osservare che fosse lo stesso premier che aveva promesso di “cancellare la povertà”, facendo riferimento al varo del reddito di cittadinanza, fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle come misura per abbattere l’emarginazione sociale.

Di recente, si è espresso a favore della collaborazione tra settore privato e pubblico, ma contro la rinazionalizzazione di Alitalia e la nascita di una sorta di “una seconda Iri”. Bonomi cerca di rappresentare la reazione del nord operoso contro le pastoie burocratiche di Roma e la cultura neo-statalista che teme si stia diffondendo tra la classe politica. Si è posto a capo di una voglia di riscossa degli imprenditori settentrionali dopo un quadriennio a dir poco pallido sotto il presidente uscente Vincenzo Boccia, il quale non ha mai nascosto il suo appoggio al governo, sin da quando a guidarlo vi era Matteo Renzi, sostenendo esplicitamente il “sì” al referendum costituzionale, passando per Paolo Gentiloni e il premier attuale. Avrà il compito di far tornare attrattiva una confederazione, che negli anni ha perso membri di peso come l’ex Fiat, vedendo salire tra gli iscritti la quota delle società controllate dallo stato. Non sarà facile opporsi al nuovo corso, ma l’esordio promette bene, male per la politica.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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