Gentile Signora,
proprio oggi pomeriggio presso la sede dell’azienda dove lavoro , che tratta commercio all’ingrosso di generi alimentari, siamo stati tutti convocati ad una riunione nella quale ci è stato comunicato che a causa della grave crisi economica provocata dalla pandemia da corona virus, la proprietà al fine di garantire la sopravvivenza dell’azienda, ha valutato la necessità di effettuare un taglio del personale pari a dieci unità su un totale di ventiquattro dipendenti.In alternativa ci viene proposta una riduzione del 30% dello stipendio, almeno fino a fine anno senza peraltro accennare ad una riduzione dell’orario di lavoro.Ci è stato confermato che per poter validare questa seconda opzione tutti i dipendenti devono essere d’accordo e basta una sola persona contraria per procedere con i licenziamenti.Come può immaginare, non credo nessuno voglia sentirsi responsabile del licenziamento di colleghi che ormai conosce da tanto tempo e con i quali passa gran parte della giornata e tratta come se fossero membri della propria famiglia, per cui probabilmente ci vedremo costretti ad accettare il taglio dello stipendio nonostante si tratti di importi già esigui.Per completezza d’informazione le comunico che alcuni colleghi hanno usufruito di un periodo di ferie “forzate” mentre altri hanno fatto alcune settimane di cassa integrazione. e che ci è stato assicurato che nel caso il lavoro riprenda regolarmente prima di fine anno si potrebbe ritornare in anticipo alla normalità.Ma chiedo, possibile che non esista una soluzione alternativa in cui sia possibile modulare la presenza del personale , mandare a rotazione tutti i dipendenti in cassa integrazione o fare dei turni ad orario ridotto od usufruire dei contratti di solidarietà. La cosa che più mi lascia perplesso e mi indispone è che alla riduzione di stipendio non corrisponde nessuna diminuzione delle ore di lavoro, cosa che va in netta contraddizione con la principale motivazione del provvedimento e cioè la diminuzione del lavoro.Ma si può fare? Ovviamente siamo stati sollecitati a dare una risposta in brevissimo tempo. Potete darmi dei chiarimenti in merito in modo da poter fare delle scelte in maniera più consapevole oppure potermi fare portavoce per presentare eventuali soluzioni alternative? Grazie per quanto potrete suggerirmi.
Cordiali saluti
Il datore può ridurre gli stipendi per evitare i licenziamenti?
Chiariamo alcuni punti fondamentali: la riduzione di stipendio non è vietata in senso assoluto.
In emergenza coronavirus sono bloccati i licenziamenti? Ecco quali: chiarimenti
In questo contesto bisogna anche ricordare che l’articolo 46 del decreto Cura Italia, ha bloccato i licenziamenti per 60 giorni (con possibilità di proroga) proprio per evitare che siano i dipendenti a pagare le spese della crisi economica. Per lo stesso periodo sono sospese le procedure pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020. Restano in essere solamente i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo. Per il resto bloccati sia i licenziamenti collettivi che individuali.
Dall’email ricevuta non abbiamo abbastanza elementi per capire di che tipo di licenziamento si tratterebbe: ricordiamo che si parla di licenziamento collettivo quando qualora l’azienda impiega più di 15 dipendenti e, a causa di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intende procedere con almeno 5 licenziamenti, nell’arco di 120 giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nello stesso perimetro territoriale provinciale.
Il blocco temporaneo dei licenziamenti individuali può riguardare:
- ragioni inerenti la produzione;
- ragioni riguardanti il normale funzionamento della stessa.
In altre parole, restano fuori dal blocco – ad esempio – i licenziamenti per giusta causa e quelli per giustificato motivo soggettivo, ivi inclusi quelli di natura disciplinare, oltre ai licenziamenti per raggiungimento del limite massimo di età per l’accesso alla pensione di pensione di vecchiaia.
Secondo la normativa l’onere della spesa non graverà solo sulle imprese, obbligate a mantenere i rapporti di lavoro in essere: contestualmente, infatti, gli articoli 19 e segg. dispongono l’estensione generalizzata fino ad un massimo di nove settimane ed entro il mese di agosto 2020, degli ammortizzatori sociali, più nello specifico del trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO) e dell’assegno ordinario del FIS (Fondo integrativo speciale). Ciò vale per tutte le imprese con un minimo di 5 dipendenti. Peraltro misure simili sono previste anche per le imprese artigiane o più in generale le altre escluse dalla cassa e dal FIS perché sono stati stanziati 80 milioni di euro ai cd fondi bilaterali. Le imprese più piccole potranno accedere alla cassa “in deroga” ex art. 22.
Rispondiamo al quesito: posso essere licenziato se non accetto lo stipendio più basso? E se lo accetto devo lavorare lo stesso numero di ore?
Il lettore che ci ha scritto ha fatto giuste osservazioni: i due dubbi sono “posso essere licenziato se non accetto lo stipendio più basso? E se lo accetto devo lavorare lo stesso numero di ore?”. Dunque la possibilità di riduzione di stipendio è uno scenario concreto ma non può essere arbitraria e, se accettata, deve prevedere alcune modifiche nel contratto per adeguare la nuova retribuzione (ad esempio uno sconto sulle ore).
In questo momento storico “il ricatto” o chiamiamolo più neutralmente “la prospettiva” del licenziamento in caso di mancato accordo, si scontra con le disposizioni che bloccano per 60 giorni i licenziamenti. Nel paragrafo sopra abbiamo riportato gli strumenti alternativi a disposizione per evitare questo scenario drastico.