Il coronavirus ha mandato in crisi anche le grosse catene del fast fashion come Zara, H&M e Uniqlo. Durante il lockdown lo shopping ha lasciato spazio ad altre attività, senza contare che l’e-commerce ha tolto una larga fetta di clienti ai negozi fisici, un’abitudine che durante la reclusione si è addirittura perfezionata.
La crisi economica per le grandi catene
Negli ultimi 10 o 15 anni, la necessità di avere sempre abiti nuovi e a basso costo ha spinto il modello di business di grosse catene come Zara, H&M e altri che hanno anche sfruttato la globalizzazione e la tendenza ad acquistare più capi e spendere meno.
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Come scrive Corriere, una ulteriore botta per il settore è arrivata con la pandemia da coronavirus. La domanda di abiti è crollata, sebbene l’online abbia in parte tenuto, e la capitalizzazione di mercato è scesa del 40 per cento. Solo H&M ha dichiarato di aver perso il 46% delle vendite, con la conseguente chiusura di 3.441 negozi di cui 8 in Italia. Non se la passa bene neanche Zara, con la chiusura temporanea di oltre la metà dei negozi e un calo delle vendite del 24% a marzo.
Ricadute occupazionali
Nonostante tutto anche l’e-commerce ne ha risentito. Se è vero che durante il lockdown, e anche adesso dopo le riaperture, non c’è questa gran voglia di shopping anche se gli acquisti online hanno comunque tenuto, una riduzione c’è stata anche per questo settore. Secondo gli analisti di McKinsey, in genere le vendite sono scese fino al 20% in Europa e fino al 40% negli Usa.
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