A fine giugno si pagherà l’imposta di bollo sul deposito titoli. Fra le varie tasse e balzelli che il contribuente è chiamato a versare questo mese, c’è anche la patrimoniale sui risparmi.
Pochissimi ne parlano, sembra quasi un balzello silenzioso che passa inosservato, a differenza dell’Imu sulle seconde case da far tremare i polsi e che ogni organo d’informazione strombazza di continuo. Ma l’imposta di bollo sugli investimenti in strumenti finanziari (titoli di stato, azioni, obbligazioni, quote di fondi, Etf, ecc.) vale circa 2 miliardi di euro.
La patrimoniale sui dossier titoli
Si tratta di un vero e proprio prelievo forzoso ricorrente che colpisce i risparmi e vale lo 0,02% all’anno del valore patrimoniale finanziario complessivo di ciascun investitore. Generalmente si paga due volte all’anno, su base semestrale (0,01%), il 30 giugno e il 31 dicembre, ma tante banche la applicano anche su base trimestrale (0,05%) e poche su base annuale. Per fare un esempio, chi detenesse Btp per 100 mila euro dovrà quindi dare allo Stato 200 euro a fine anno, 100 euro a semestre o 50 a trimestre. Già, perché l’imposta viene calcolata sulle giacenze del deposito titoli alla data di rendicontazione del documento contabile e viene prelevata automaticamente dalla banca o intermediario finanziario agendo da sostituto d’imposta per conto dell’erario.
Imposta di bollo su deposito titoli
L’imposta di bollo sul deposito titoli, Introdotta nel 2012 col decreto “Salva Italia” colpisce tutti gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, fondi comuni, certificati di deposito, Etf, ecc.) custoditi dagli intermediari finanziari per conto dei loro clienti. Si paga annualmente fotografando le consistenze sul dossier titoli al 31 dicembre di ogni anno, ma molte banche la ripartiscono semestralmente o trimestralmente. Questo per impedire che i risparmiatori ben informati, vendano gli strumenti finanziari prima della scadenza prestabilita azzerando quindi il deposito titoli per evitare di subire il salasso.
Quanto e come si paga?
L’imposta di bollo sul depositi titoli, come detto, vale oggi lo 0,02% del valore totale degli strumenti finanziari posseduti. Ma inizialmente era stata introdotta dal governo Monti con una percentuale allo 0,01%, poi aumentata col tempo fino all’attuale aliquota. Il calcolo viene fatto sommando i valori degli strumenti finanziari detenuti dal risparmiatore alla data del 31 dicembre di ogni anno per cui fa fede l’estratto conto depositi titoli redatto e inviato al risparmiatore come base imponibile su cui applicare l’imposta. Tale imposta viene quindi pagata sulla scorta dell’invio della comunicazione che per molti intermediari finanziari avviene con cadenza trimestrale o semestrale. Per cui l’imposta dello 0,02% annuo viene frazionata proporzionalmente in base ai valori finanziari detenuti nel momento in cui la banca o l’intermediario comunicano l’estratto conto depositi titoli. Alcune banche restano, però, ancora ferme all’invio dell’estratto conto una volta all’anno.
“L’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato.
Chi non paga l’imposta di bollo
L’imposta di bollo sul deposito titoli non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti e dai libretti è complessivamente inferiore a 5.000 euro. Pertanto può succedere che un investitore attento provveda svuotare il deposito titoli poco prima della redazione dell’estratto conto in maniera tale che la valorizzazione del proprio portafoglio sia pari a zero per poi riacquistare gli strumenti finanziari subito dopo.