Gli statali e i dipendenti pubblici non possono rimanere in servizio oltre i 65 anni. La pubblica amministrazione ha l’obbligo di collocarli a riposo al raggiungimento del limite ordinamentale.
Nella prassi, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte della pubblica amministrazione (per raggiungimento di limiti di età) coincideva con la maturazione del requisito anagrafico per la richiesta della pensione di vecchiaia a 65 anni. Oggi, però, tale requisito per effetto della riforma pensionistica del 2012 è salito a 67 anni e, dal 2022, salirà di tre mesi in base all’aumento delle aspettative di vita.
Licenziamento d’ufficio 65 anni
Cosa succede quindi? Posto che la pubblica amministrazione debba licenziare il dipendente al compimento dei 65 anni, c’è il rischio concreto che questi possa non aver maturato i requisiti per ottenere la pensione e restare così senza stipendio né pensione. Problema che non si pone se il lavoratore ha maturato i requisiti per accedere alla pensione anticipata con la massima anzianità contributiva prevista dalla legge (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne) oppure se può fruire della pensione anticipata con quota 100. Il limite ordina mentale dei 65 anni è, però, inderogabile, come anche confermato da una recente sentenza della Corte di Cassazione (numero 1108 del 9 giugno 2020) e non lascia molto margine di manovra, considerato, invero, che la riforma Fornero allunga l’età pensionabile.
Il trattenimento in servizio
Unica possibilità per il dipendente pubblico per non rimanere senza mezzi di sostentamento al raggiungimento del 65 esimo anno di età è quello di chiedere, in via eccezionale, il trattenimento in servizio. Questa opzione consente ai dipendenti pubblici di rimanere sul posto di lavoro per un ulteriore lasso di tempo fino al compimento dell’età pensionabile di vecchiaia. Più precisamente, qualora al compimento dei 65 anni il lavoratore non abbia raggiunto il requisito contributivo minimo per ottenere la pensione di vecchiaia (cioè 20 anni di contributi), questi può chiedere all’amministrazione di appartenenza il trattenimento in servizio a condizione che raggiunga il requisito contributivo previsto entro l’età massima di 70 anni.
La valutazione dell’amministrazione
Attenzione, però, perché il datore di lavoro è obbligato ad accertarsi che la permanenza in servizio consente al dipendente di raggiungere il requisito minimo di 20 anni di contributi. Qualora al raggiungimento dell’età ordinamentale, al lavoratore mancasse un solo anno di contributi, l’autorizzazione alla prosecuzione del lavoro verrebbe concessa solo per un anno. Viceversa l’amministrazione dovrà effettuare una valutazione. In particolare dovrà valutare se la prosecuzione del rapporto di lavoro fino al compimento dei 70 anni di età consentirebbe il conseguimento del requisito contributivo minimo sommando tutti i contributi versati nelle varie gestioni pensionistiche. In caso affermativo, l’amministrazione dovrà proseguire il rapporto di lavoro come richiesto, diversamente il datore di lavoro dovrà risolvere unilateralmente il rapporto.