Plusvalenze e minusvalenze con le obbligazioni, come si calcolano

Prezzi dei bond sopra o sotto la pari determinano perdite o profitti, in base ai valori di rivendita anticipata sul mercato secondario o alle date di rimborso dell'emittente alle scadenze prefissate.
4 anni fa
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Un lettore ci chiede di conoscere come si calcolano le plusvalenze e le minusvalenze sulle obbligazioni. Desidera sapere, ad esempio, se acquistare un bond a 80 comporti un profitto di 20 e se acquistarlo a 120 ci infligga una perdita sempre di 20. La risposta in entrambi i casi è negativa. Iniziamo dalle basi: chi emette un’obbligazione s’impegna a rimborsarlo alla scadenza data “alla pari”, vale a dire a 100. Nel corso della stessa emissione o, comunque, una volta che il titolo viene negoziato sul mercato secondario, il prezzo sale e scende, portandosi sopra o sotto la pari.

Se acquistiamo un’obbligazione a 105, essa alla scadenza ci infliggerà una perdita sul piano del capitale investito, in quanto il bond ci verrà rimborsato a 100, cioè meno di quanto abbiamo speso per comprarlo. Attenzione, però, perché la cosiddetta “minusvalenza” accusata non sarebbe pari al 5%, come erroneamente calcolerebbe il nostro lettore, bensì del 4,76%, data da quel 5 in più che abbiamo speso rispetto al valore dell’investimento (105). Per rispondere alla domanda del lettore, quindi, un prezzo di 120 alla scadenza ci infliggerebbe una minusvalenza del 16,67% (20/120).

Per contro, se acquistiamo un titolo sotto la pari e attendiamo la scadenza, esso ci frutterà una plusvalenza. Nell’esempio di cui sopra, a 80 centesimi matureremmo un profitto del 25%, cioè: (100 – 80) / 80 = 0,25. In effetti, abbiamo guadagnato 20 centesimi sugli 80 spesi.

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E il rendimento?

Attenti a non confondere il concetto di plusvalenza o minusvalenza con quello di rendimento. Un bond può rendere anche negativamente a fronte di plusvalenze anche elevate e viceversa. Il rendimento è dato dalla plus- o minusvalenza maturata e annualizzata per il periodo di investimento, confrontata con la cedola effettiva staccata dall’emittente, vale a dire quella nominale rapportata al valore di acquisto del bond.

Facciamo un esempio semplice per capire. Acquisto un bond con cedola 3% e a 107, in scadenza esattamente tra 10 anni, ossia in data 11 agosto 2030.

Alla scadenza, accuseremmo una minusvalenza del 6,54% (7/107), che su base annua sarebbe pari allo 0,65%. Per contro, la cedola effettiva annua sarebbe del 2,80% lordo (3/107). Pertanto, il rendimento alla scadenza risulta essere del 2,15% (2,80% – 0,65%).

Dunque, quando il rendimento del bond sale sopra il tasso cedolare, il prezzo scende sotto la pari. Viceversa, se il rendimento scende sotto il tasso cedolare, il prezzo del titolo si porta sopra la pari. Va da sé che le obbligazioni di lunga durata siano maggiormente esposte alle variazioni dei prezzi, dato che dal momento dell’emissione a quello del rimborso le condizioni di mercato possono mutare anche drasticamente, con i tassi a scendere o salire anche in misura consistente.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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