Il superbonus 110% di cui al decreto Rilancio si concretizza in una detrazione fiscale (nella misura del 110% della spesa sostenuta) da godere in 5 quote annuali di pari importo. Dunque, ad esempio, con riferimento alle spese fatte e pagate nel 2020, la prima rata della detrazione fiscale sarà fruita nel Modello 730/2021 o Modello Redditi/2021 da presentare il prossimo anno e terminerà nel Modello 730/2025 o Modello Redditi/2025 riferiti all’anno d’imposta 2024 in cui troverà spazio l’ultima delle 5 quote.
Nel ricordare che il beneficio, per ora, spetta per le spese fatte dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, è prevista facoltà, per il contribuente, di optare, in luogo della detrazione fiscale, per la cessione del credito o per lo sconto diretto in fattura da parte dell’impresa che esegue i lavori.
La domanda ricorrente, in questo caso, dunque è quale sia la strada più conveniente da percorrere: detrazione in dichiarazione, sconto in fattura o cessione del credito?
Lo sconto diretto in fattura: perché conviene?
Per ottenere lo sconto in fattura è, comunque, necessario che l’impresa esecutrice dei lavori lo accordi (è nella sua facoltà concederlo). Ovviamente laddove si trovi un’impresa che acconsenta a concederlo si tratta di una strada molto conveniente da percorrere rispetto alla detrazione fiscale in dichiarazione. Con lo sconto, infatti, il contribuente ottiene nell’immediato lo sgravio fiscale della spesa sostenuta, mentre nel caso della detrazione dovrà attendere 5 anni prima di rientrare nell’investimento fatto.
Con l’opzione accordata, il superbonus è goduto sotto forma di sconto, anticipato dell’impresa, sul corrispettivo dovuto, di importo massimo non superiore al corrispettivo stesso (sempre rientrando nel limite di spesa previsto per il tipo di intervento realizzato). L’impresa a sua volta recupera, il contributo anticipato, sotto forma di credito d’imposta di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.
Esempio (Fonte Circolare Agenzia delle Entrate n. 24/E del 2020)
“Il contribuente sostiene una spesa pari a 30.000 euro alla quale corrisponde una detrazione pari a 33.000 euro (110%). In questo caso lo sconto da potersi applicare è di 30.000 euro e l’impresa maturerà un credito d’imposta pari a 33.000 euro. Nel caso in cui, invece, il fornitore applichi uno sconto “parziale”, il credito d’imposta è calcolato sull’importo dello sconto applicato. Ciò comporta, in sostanza, che se a fronte di una spesa di 30.000 euro, il fornitore applica uno sconto pari a 10.000 euro, lo stesso maturerà un credito d’imposta pari a 11.000 euro. Il contribuente potrà far valere in dichiarazione una detrazione pari a 22.000 euro (110 per cento di 20.000 euro rimasti a carico) o, in alternativa, potrà optare per la cessione del credito corrispondente a tale importo rimasto a carico ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari”.
Nel caso, comunque, in cui il contribuente opti per lo sconto in fattura in luogo della detrazione, questi avrà necessità di acquisire il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta e, laddove si tratti di interventi di efficientamento energetico (ad esempio cappotto termico) o di interventi antisismici, dovrà acquisire anche l’asseverazione del tecnico abilitato (per questi lavori l’asseverazione è necessaria anche in caso di detrazione in dichiarazione dei redditi).
L’opzione per la cessione del credito è meno conveniente dello sconto
L’altra possibilità è quella di optare per la cessione del credito d’imposta corrispondente alla detrazione spettante, ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successive cessioni.
La cessione può avvenire anche verso la stessa impresa che esegue i lavori (se questa è d’accordo). In questa ipotesi, non ci si discosta dalla formula di utilizzo di cui sopra (sconto in fattura), poiché, comunque, il contribuente riesce a rientrare nell’immediato rispetto alla spesa sostenuta.
Il problema, invece, si pone quando l’impresa non è propensa a ricevere il credito, poiché in questo caso significa che il contribuente dovrà pagare le spese degli interventi e solo successivamente trovare un terzo soggetto (ad esempio una banca) disposta a prendersi il credito che si intende cedere.
Nessuna differenza, invece, rispetto alla documentazione necessaria per l’opzione. Anche in questo caso, infatti, se chi sostiene le spese vuole optare per la cessione dovrà acquisire il visto di conformità e l’asseverazione.
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