Obbligazioni AT1 di Intesa Sanpaolo, ecco le condizioni dei due “callable”

Le due tranche emesse dalla banca piemontese hanno riscosso successo tra gli investitori. Vediamo quali sono le caratteristiche e i rischi connessi a questi titoli.
4 anni fa
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Intesa Sanpaolo ha collocato sul mercato obbligazioni subordinate per complessivi 1,5 miliardi di euro, martedì scorso. Si è trattato di due titoli del tipo AT1 (“Additional Tier1”) da 750 milioni ciascuno, i quali hanno riscosso in tutto ordini per oltre 6,5 miliardi. Nel dettaglio, il primo risulta “callable” a partire dalla data 1 marzo 2028 e offre un rendimento del 5,50%; il secondo è callable dalla data 1 settembre 2031 e offre rendimento del 5,875%. Le prime indicazioni erano per rendimenti rispettivamente al 6% e al 6,50%. La buona domanda ha consentito alla banca di migliorare il “pricing”, abbassando il costo a suo carico.

Cos’è il “basket bond” di Intesa Sanpaolo e perché fare attenzione

Vediamo adesso di quali obbligazioni parliamo. Le AT1 sono perpetue, cioè non hanno una scadenza formale. Tuttavia, esse prevedono che l’emittente possa rimborsarle a partire da una certa data indicata nel contratto. La dicitura AT1 significa che il debito è subordinato, cioè nel caso in cui la banca versasse in crisi, stando alla disciplina del “bail-in” dovrebbe per prima coinvolgere gli azionisti nelle perdite e subito dopo gli obbligazionisti subordinati. Tra questi, i primi a patire sarebbero proprio i titolari di obbligazioni AT1.

Inoltre, questi titoli possono essere convertiti in azioni quando l’indice di patrimonializzazione noto come AT1 scende al di sotto dei minimi regolamentari imposti dalla BCE e segnalati nel prospetto informativo. Dunque, esistono diversi rischi specifici connessi a questo tipo di obbligazioni. Come tutte, poi, ne presenta uno di credito e relativo all’emittente.

Perpetue con rischio di rimborso anticipato

Secondariamente, si mostrano meno sicure delle obbligazioni senior, in quanto possono essere chiamate a ripianare le perdite subito dopo le azioni. Terzo, possono essere convertite in azioni anche quando i ratios patrimoniali scendessero sotto una certa soglia. Infine, pur essendo perpetue, riportano una scadenza a partire dalla quale possono essere rimborsate all’obbligazionista.

In un certo senso, non si conosce mai con esattezza la loro durata.

Se i tassi di mercato scendessero e alle date callable risultassero inferiori a quelli a cui Intesa Sanpaolo si è appena rifinanziata con l’emissione dei due bond, per essa diverrebbe conveniente annullare i titoli, rimborsandoli ed emettendone di nuovi per finanziare l’operazione. Da un lato, quindi, risparmierebbe sulle cedole e dall’altro si ritroverebbe a pagare cedole più basse. Da qui, il rischio che la discesa dei tassi porti a un rimborso anticipato, lasciando l’obbligazionista con un capitale da re-investire ai più bassi rendimenti vigenti.

Considerando che le obbligazioni AT1 si acquistino proprio per la loro maggiore remunerazione offerta, dati i più alti rischi, sarebbe una mezza beffa. Infine, non possiamo non segnalare il rischio di liquidità. Questi titoli vengono generalmente poco scambiati sui mercati secondari e ciò crea spesso ampi spread denaro/lettera, essendo più difficile rivenderli o acquistarli. Ed essendo ormai da anni preclusi al canale retail in Italia, tale scenario non fa che diventare teoricamente più concreto, in assenza di investitori individuali a compravenderli.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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